| l' a. sostiene in primo luogo che il pluralismo, nato storicamente in
varie correnti di pensiero (pluralismo socialista, pluralismo
democratico, pluralismo cristiano sociale), oggi significa
politicamente il controllo, attraverso un' azione piu' o meno
organizzata di gruppi sociali, dello strapotere dello stato. la
partecipazione nasce inoltre da comportamenti collettivi che,
istituzionalizzandosi (vedi in italia i consigli di quartiere, i
decreti delegati ecc.) tentano di influire sulle decisioni dello
stato. l' a. inoltre sostiene che la societa' italiana, che puo'
essere definita come un capitalismo avanzato in crisi, sta andando,
secondo le piu' attendibili ipotesi, verso una forma di economia di
austerita' che puo' portare ad uno statalismo non meno rigido e
oppressivo di quello che non consente alcuna forma di pluralismo e
partecipazione. il pluralismo, poi, potrebbe essere garantito solo
formalmente attraverso una forma di partecipazione, che non sarebbe
reale, ma costituirebbe solo un' implicazione amministrativa di un
sostanziale centralismo. l' a. infine afferma, ispirandosi a due
saggi di ardigo' e di piazzi, che bisogna riferirsi al dato
individuale pre-sociologico e pre-politico per osservare che nella
societa' moderna si va affermando una serie di comportamenti
individuali autonomi, espressione di un pluralismo di fatto che non
puo' essere trascurato. l' a. conclude che gli strumenti di
partecipazione recentemente progettati (comprensori regionali) ed
altri strumenti ipotizzabili dai politologi, dovranno comunque
garantire l' esprimersi di tale pluralismo, se non vorranno essere un
ulteriore implicazione burocratica del centralismo statale.
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