| dal dibattito su "mondoperaio" emerge la tendenza a costruire l'
autogestione non come progetto di trasformazione sociale ma come
ideologia, come visione del mondo compiuta e autosufficiente. e l'
ideologia rinsalda bensi' lo spirito di reciproca identificazione fra
coloro che la condividono, ma aliena tutti gli altri, grazie alle
specificita' irripetibili e discriminanti con cui pretende di
imporsi. in questo modo si perdono di vista i fatti e si scivola sul
terreno degli assiomi. si delinea cosi' un' utopia che e', oltre
tutto, contraddittoria. in nome della laicita' e della immanenza del
conflitto, viene disegnata una societa' perfetta che vive si' di
conflitti, ma li sublima in una superiore e risolutiva armonia: la
societa' dell' autogestione e' quella che riuscira' a realizzare la
felicita' degli uomini. e' questa un' operazione peculiare, tanto
peculiare da far credere che la laicita' socialista, ancorche'
proclamata e fatta valere come basilare elemento di differenziazione
dalle visioni palingenetiche di stampo leninista, non sia in realta'
penetrata a fondo nella coscienza dei suoi assertori. ai fini del
nostro compito di progettisti sociali, due cose sono essenziali: la
prima e' distinguere tra l' ambito molto ampio del conoscibile e l'
ambito assai piu' limitato di cio' che e' mutabile mediante riforma;
la seconda e' essere consapevoli dell' indole reale dei conflitti,
rispetto ai quali noi stessi, quand' anche fossimo governo, saremmo
pur sempre una parte e non potremmo quindi pianificare con certezza
ne' i comportamenti degli altri ne' gli sbocchi finali.
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