| l' a. prendendo spunto dalla pronuncia n. 38 del 1977 della corte
costituzionale (con la quale si e' negata la competenza delle regioni
ad emettere un provvedimento di riconoscimento di una fondazione
privata), compie un' analisi della giurisprudenza della corte stessa
sul problema relativo al riconoscimento o meno alle regioni di una
potesta' in materia di "diritto privato", guardando alle singole
materie su cui la corte si e' espressa (pesca, azioni societarie,
masi chiusi, riconoscimento di persone giuridiche, enfiteusi e
contratti agrari). l' a. rileva come da tali pronunce emerga un
orientamento contraddittorio, ma comunque non completamente chiuso ad
ammettere l'intervento normativo regionale nel suddetto ambito. l'a.
analizza altresi' le varie posizioni della dottrina, che quasi nella
sua globalita' si e' espressa nel senso dell' ammissibilita' della
potesta' regionale in esame. l' a. in accordo con tale dottrina
afferma che simile potesta' non puo' legarsi alle regioni. e cio' in
base ad una considerazione fondamentale: il diritto privato non e'
una materia compiuta e definita, ma un insieme di norme (spesso
considerate unitariamente solo a fini didattici) afferenti a settori
diversi spesso coincidenti con le materie affidate alla potesta'
regionale. la disciplina eventualmente dettata dalle regioni non
produce una pluralita' di codificazioni regionali ma una normazione
decentrata nei rapporti privati inerenti alle materie attribuite.
peraltro e' da rilevare che le regioni hanno in piu' casi interferito
con loro leggi in settori riguardanti anche rapporti tra privati
(urbanistica, beni ambientali e culturali etc.). il problema di piu'
ampia portata e' quello di definire i limiti che le regioni
nell'esercizio della potesta' debbono osservare. secondo l' a. tali
limiti possono rintracciarsi: 1) nei principi fondamentali ex art.
117 cost.; tra questi non possono farsi rientrare tutte le norme del
cod. civ., ma solo quei principi (norme costituzionali, norme di
diritto internazionale, disposizioni sulla legge in generale etc.)
che sono per espressa statuizione normativa o per intendimento comune
invalicabili; 2) nelle leggi cornice; 3) nell' interesse nazionale;
4) nelle riserve di leggge. individuati i limiti l' a. afferma
concludendo che le regioni possono regolare rapporti privati nei casi
in cui l'interesse da proteggere o da incidere e' puramente locale o
quando la materia e' funzionalmente collegata con le materie
collegate alle regioni. la regione invece non potra' disciplinare in
via generale e astratta istiti che per loro natura richiedono una
disciplina unitaria, non avendo nessun collegamento diretto con la
realta' regionale: cosi' la regione non potrebbe ad esempio ampliare
il numero dei diritti reali, i tipi di societa', o modificare le
norme sulla risoluzione del contratto.
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