| l' a. svolge alcune considerazioni critiche sul decreto legge 15
dicembre 1979, n. 625 concernente misure urgenti per la tutela dell'
ordine democratico e della sicurezza pubblica. enuclea le linee di
tendenza dei rapporti tra le misure di emergenza emanate a partire
dal 1975 in poi e la mancata riforma dell' ordinamento penale. l' a.
sostiene che le nuove misure si rifanno a tre logiche diverse,
talvolta fra loro confliggenti, svolge una serie di rilievi e trae le
seguenti conclusioni generali sulla risposta giuridico-istituzionale
al terrorismo: la via dei maggiori poteri di polizia, dei controlli
indiscriminati di massa, della diminuzione degli spazi di liberta',
dalla liberta' personale al diritto di difesa, ha dato fino ad ora
scarsi risultati nella lotta al terrorismo; alcune delle nuove misure
legislative sono in contrasto con la costituzione, in particolare il
fermo di sicurezza contrasta con l' art. 13, ed e' facile prevedere
che un ulteriore potenziamento di queste vie segni il passaggio ad
una vera e propria militarizzazione della lotta al terrorismo. l' a.
ravvisa una seconda logica nell' introduzione di norme che riservano
un trattamento di speciale rigore contro i terroristi. una terza
logica e' costituita dall' introduzione di norme che prevedono
sensibili riduzioni di pena nei confronti dei cosiddetti terroristi
pentiti. queste due ultime logiche si sostanziano nella creazione di
un diritto penale speciale. questa via, afferma l' a., e' capace di
esprimere delle potenzialita' positive, ma deve essere inquadrata in
precise scelte complessive di riforma dell' ordinamento penale.
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