| l' a. premette all' analisi della disciplina del margine di
solvibilita' contenuta nell' art. 35 della l. 295/78 un quadro
articolato dell' intera normativa. quindi cerca di interpretare il
significato dell' obbligo di "disporre di un margine di
solvibilita'", che probabilmente e' stato predisposto con questa
formulazione allo scopo di escludere esplicitamente la necessita' di
speciali iscrizioni in bilancio, e, nello stesso tempo, con la
volonta' di sottolineare come l' impresa debba poter fare
assegnamento sul margine, almeno, a detta dell' a., alla fine dell'
esercizio. conseguentemente ad una tale impostazione del problema, l'
a. deve affrontare il dubbio circa la possibilita' dell' impresa di
deliberare una distribuzione di utili che assorba, anche solo in
parte, quelli computati nel margine: in proposito afferma che, se non
esistono argomenti atti a negare tale possibilita', neppure si puo'
escludere che in conseguenza a cio' l' autorita' di controllo chieda
all' impresa la presentazione di un piano di risanamento. segue l'
esame della composizione contabile del margine di solvibilita', che
non deve comprendere attivita' non realizzabili, o comunque di stima
assai incerta, ed e' questa la ragione per cui l' articolo in esame,
seguendo e sviluppando il disposto dell' art. 16 dir. cee 73/239,
indica alcuni degli elementi immateriali dei quali non deve tenersi
conto.
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