| l' a. riassume le reazioni alla iniziativa giudiziaria che ha
portato, ai primi di aprile, all' arresto di negri, scalzone ed altri
intellettuali colpiti da pesantissime accuse. di fronte alle tesi
secondo cui sono state "criminalizzate" solo manifestazioni di
pensiero, o secondo cui si sta verificando una svolta decisiva nella
lotta al terrorismo, l' a. afferma che una risposta sicura sara'
possibile soltanto all' esito delle indagini. la questione centrale,
anche in ordine alle garanzie del dissenso, e' quella di un giusto
processo. prima fra tutte quella di un effettivo contraddittorio,
fondato sulla contestazione degli elementi di prova in modo da
consentire la difesa. l' art. 367 del c.p.p. consente un ritardo
nella comunicazione delle fonti di prova quando possa derivarne
pregiudizio all' istruzione; e tale cautela non e' fuori luogo in
indagini complesse, concernenti organizzazioni ramificate e spietate.
finche' dura l' esigenza di segretezza, permane una situazione
delicata nel rapporto fra giustizia e opinione pubblica. l' a.
affronta, quindi, il problema relativo ad un' eventuale risposta alle
"idee" eversive con la coercizione legale: il problema, cioe', se sia
lecito colpire manifestazioni di pensiero che non siano puramente
teoriche, ma abbiano contenuto istigatore o apologetico di atti di
violenza. non mancano norme incriminatrici e non esistono
controversie sulla legittimita' costituzionale della repressione
dell' istigazione a delinquere. tuttavia, quanto piu' esteso e' il
ricorso a mezzi coercitivi, tanto piu' si sconta una crisi di
egemonia. di fronte alla "presa" della propaganda eversiva, occorre
rinsaldare l' egemonia ideale.
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