| la recente sostituzione dell' ultimo comma dell' art. 340 c.p.p. ha
congegnato un ulteriore disconoscimento normativo del principio di
assoluta riserva giurisdizionale che originariamente presidiava l'
accesso alla informazione bancaria. premesso che, pur generalmente
riconosciuto, il segreto bancario non e' principio codificato, e che
anzi dovrebbe essere ridimensionato, onde annientarne l' effetto
paralizzante nel processo penale, l' a. si sofferma sui limiti e le
condizioni di operativita' dell' art. 340, anche alla luce del
progetto preliminare del nuovo codice di rito. il banchiere e'
custode dell' interesse legittimo della clientela a che le attivita'
istruttorie presso l' istituto di credito abbiano luogo in
conformita' alle disposizioni di cui all' art. 340; vieppiu' nei
confronti della clientela riveste la posizione del mandatario, da
esercitare con la diligenza del bonus pater familiae: indi sara'
preliminarmente tenuto a verificare i requisiti di legittimita' della
richiesta, senza sindacarne il merito, rimanendo nel di lui potere
discrezionale aderirvi o meno. un rifiuto giustificato sfugge alla
sanzione penale, avendo il legislatore inteso comminare solo la
sanzione della apprensione in via coattiva dei dati che interessano
l' organo giudicante, tramite l' utilizzo degli strumenti istruttori
previsti dal comma 2 art. 340. la natura fiduciaria del contratto
bancario impone, ex art. 1710 comma 2 c.c., alla banca di avvertire
il cliente relativamente all' avvenuta evasione di notizie. l' a.
auspica che l' interpretazione data, riconoscente all' autorita'
giudiziaria la facolta' di richiedere atti, documenti e informazioni
alla banca, fondata sull' assunto che si tratta di attivita' da
ricomprendersi nei poteri di coercizione reale contemplati nel 340,
onde non perpetuare incertezze, trovi il conforto della
codificazione, cosi' come gia' prevede l' art. 5 d.l. 31 del 1976.
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