| nell' ordinamento francese il giudizio di estradizione verte non sul
fatto ma sul mero diritto, onde il giudice puo' ritenere per
acquisita la materialita' dei fatti e la verosimiglianza delle
accuse. i giudici francesi nella sentenza piperno nel ritenere l'
esistenza di gravi indizi per il sequestro e l' assassinio dell' on.
moro - reati per cui hanno concesso l' estradizione-, hanno bensi'
rispettato l' elenco tassativo ex art. 2 conv. italo-francese 12
maggio 1870, ma non il divieto di estradizione per delitti politici
di cui all' art. 3 conv. citata e all' art. 5 comma 1 loi 10 marzo
1927 sulla estradizione degli stranieri, nessun dubbio essendo
consentito sulla natura politica di tali delitti, per l' ammissione
della stessa chambre, delitti ricompresi in quelli ex art. 698 codice
procedura penale francese, di competenza della corte di sicurezza
dello stato. per superare l' empasse le chambres hanno ritenuto
applicabile il secondo comma dell' art. 5 l. del 1927, consentente l'
estradizione, per reati, anche commessi in contesto politico, che si
presentino come atti di barbarie odiosa o di vandalismo proibiti
dalla legge di guerra. i delitti di cui si trattava sono certamente
"crimini odiosi", ma sembra difficile sostenere la sussistenza degli
ulteriori presupposti dell' art. 5 comma 2: la sussistenza di uno
stato di guerra civile, e la sua conclusione. invero, la decisione
altro non rappresenta se non l' applicazione anticipata e de facto
della convenzione europea per la repressione del terrorismo,
depoliticizzante ai fini dell' estradizione numerosissimi reati -anzi
praticamente cancellante la stessa nozione di reato politico, eccetto
che per alcuni delitti di stampa-. e' comunque inaccettabile
-critiche alla convenzione a parte-, che questa influenzi le
decisioni dell' autorita' giudiziaria prima ancora di divenire parte
dell' ordinamento positivo.
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