| l' a. commenta la l. 5 agosto 1978, n. 457 relativa al recupero del
patrimonio edilizio ed urbanistico degradato. l' a. afferma in primo
luogo che la nozione di degrado, non definita dalla legge, dovrebbe
essere individuata dai comuni attraverso norme regolamentari che,
lasciando scarsa discrezionalita' nel momento applicativo,
garantiscano l' imparzialita' dell' azione amministrativa. una volta
stabiliti i parametri di degrado il comune potra' passare alla
individuazione delle zone di recupero e poi degli immobili, complessi
edilizi etc, da inserire nei futuri piani di recupero. questi
adempimenti, rileva l' a., se non seguiti rispettivamente dalla
inclusione nel piano di recupero o nel p.p.a. o dalla formazione
entro tre anni dalla adozione del piano, svolgono una funzione
meramente vincolistica e non garantiscono di per se' nessuna forma di
recupero. per quanto riguarda il piano di recupero, che stabilisce la
disciplina concreta per il recupero attraverso la individuazione
delle unita' minime di intervento, l' a. ritiene che questo debba
essere approvato dal consiglio comunale, pubblicato con la
prefissione di un termine per le opposizioni, e che poi debba
ritornare in consiglio per le decisioni sulle opposizioni o per la
presa d' atto della mancata presentazione di esse. l' a. si sofferma
altresi' sulla attuazione dei piani da parte dei comuni. rispetto ai
piani di recupero di iniziativa privata l' a. rileva che, se i
privati hanno la facolta' iniziativa, a loro e' sottratta ogni
possibilita' di scelta in ordine alla realizzazione, una volta che il
piano sia stato approvato da parte del consiglio comunale. l' a.
esamina infine recupero convenzionato che puo' rifarsi a tre
normative: a) agli art. 7 e 8 l. 28 gennaio 1977 n. 10; b) all' art.
27 u.c. l. in esame; c) all' art. 32 u.c. l. in esame, che prevede l'
intervento nei comuni con piu' di 50000 ab. e per lavori di rilevante
entita'. quest' ultima norma, afferma l' a. e piu' apparente che
reale. in quanto non si rintracciano ipotesi nelle quali puo' essere
applicata, tranne che per gli interventi di cui all' art. 9 lett. b)
l. n. 10, interventi che comunque difficilmente possono qualificarsi
"di rilevante entita'". l' a. considera conclusivamente che la l.
457, in quanto ricalca strumenti giuridici gia' previsti, e in quanto
prevede un procedimento di formazione del piano di recupero che non
va esente da dubbi di legittimita' costituzionale, non rappresenta
affatto lo strumento risolutivo dei problemi del recupero urbanistico
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