| il principio, vigente nei paesi di common law, della discrezionalita'
(amplissima: sul se, come, quando, per che cosa procedere) dell'
azione penale e' dato da valutare soprattutto sotto il profilo
pratico-economico, per riconsiderare le scelte di rigidita' del rito
e della obbligatorieta' dell' azione, non dovendosi escludere la
derivazione delle attuali deficienze del sistema, soprattutto il
problema della inflazione processuale, proprio da tali scelte. cio'
che conta non e' tanto l' alternativa tra il procedere e il non
procedere, quanto piuttosto la scelta consapevole tra un sistema
processuale rigido ed uno elastico, intendendosi per questo ultimo
quel sistema processuale che predispone diverse procedure e diversi
riti a seconda delle varie situazioni processuali. a ben vedere
margini di discrezionalita' sono anche nel nostro ordinamento, nel
momento della formulazione dell' accusa da parte del pubblico
ministero, ma tale spazio non e' stato utilizzato, e comunque nel
sistema, pei controlli e per i principi di obbligatorieta' e
legalita', vanificato; per l' invero, anche fattualmente (si pensi
allo svuotamento dei c.d. procedimenti speciali e alla pratica
indifferenziazione tra sommaria e formale), possediamo un processo la
cui rigidita' di struttura sembra quasi il vero punto di
promuovimento dell' azione. rigidita' che, per una malintesa
interpretazione dei principi di eguaglianza e di legalita', costa in
termini economici e di credibilita', e che costera' ancora di piu'
nel nuovo processo quale appare dal progetto preliminare del 1978,
tipicamente garantistico, quasi studiato e predisposto per meglio
garantire la piu' valida resistenza dell' imputato alla
contestazione. l' a. auspica un procedimento alternativo in unico
grado, in cui, in casi di accettazione della contestazione, sia
disposta l' immediata comparizione dell' imputato al giudice
istruttore per un giudizio, magari camerale, sulla misura della pena.
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