| la definizione piu' in uso di cronaca giornalistica la fa consistere
nel concetto di resoconto veridico di fatti. sul piano teorico, del
riconoscimento del diritto di cronaca dovrebbe quindi seguire sempre
che la notizia pubblicata sia vera. cio' non avviene in numerosi
casi: si pensi, ad esempio, alle ipotesi di divulgazione di segreto
di stato o processuale e di notizie lesive della sfera di riserbo
individuale, tutte penalmente sanzionate da norme non (dichiarate)
costituzionalmente illegittime. e' giustificato quindi, sul piano
dommatico, il dubbio che la verita' della notizia sia l' unica
condizione della liceita' della pubblicazione. d' altra parte, anche
la prassi corrente consente di dubitare che la cronaca giornalistica
quale e' sia conforme al modello della definizione in uso; nel
resoconto veridico e percio' oggettivo, neutrale, non dovrebbe
esserci spazio per le interpretazioni dei fatti secondo l'
atteggiamento ideologico del cronista verso i medesimi: invece, il
modo dell' acquisizione dei fatti e della loro diffusione suggerisce
apertamente spesso, e gia' di per se', una valutazione. l'
identificazione e la conversione del problema della liceita' della
cronaca giornalistica nei suoi termini costituzionali e nel
riferimento al concreto costituisce pertanto il passaggio obbligato
per dimostrare che attualmente il rispetto della verita' non rende
lecita sul piano giuridico qualsiasi pubblicazione di notizie. se la
prevalenza della liberta' di stampa su ogni altro interesse
costituzionalmente riconosciuto non puo' essere teorizzata in
assoluto, e' necessario integrare il criterio, altrettanto assoluto,
della verita'. a questo scopo il riferimento al principio
costituzionale di solidarieta' sociale valorizza il richiamo della
normativa ordinaria ai doveri di lealta' e di buona fede nell'
informazione e permette di collegare i doveri dell' etica
professionale del giornalista alla ragionevolezza del criterio di
tolleranza.
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