| La violenza politica - dall' eversione e il terrorismo alla
rivoluzione vera e propria, intesa come insurrezione armata e
creazione di una nuova societa' con a capo i rivoluzionari - e'
oggetto di retoriche condanne da parte di tutti. Ma, a parte la
retorica di chi non ha nulla di sostanziale da opporre alla logica
della violenza politica (se non la propria paura), bisogna
smascherare la retorica di chi, in fondo, condivide l' idea
rivoluzionaria e pertanto condanna la violenza non in quanto tale, ma
solo in quanto "prematura", "elitaria", "utopica", insomma come
"malattia infantile" del movimento rivoluzionario (da Lenin in poi i
comunisti hanno sempre condannato un certo tipo di violenza non
funzionale ai piani del partito, ma non l' idea di rivoluzione
violenta, magari passando attraverso una fase "culturale"). L' A.
analizza proprio il concetto filosofico-politico di violenza
rivoluzionaria, per evidenziare che l' unica risposta valida a questa
ideologia e' l' appello al diritto, e pertanto ai diritti dell' uomo
e, piu' in generale, alla legge naturale.
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