| Se la prevenzione generale e' una funzione della pena, e se la scelta
della misura concreta tra un minimo e un massimo edittali e' rimessa
al giudice, ciononostante non ci si puo' affidare solo al criterio
della prevenzione speciale: non solo il margine di discrezionalita'
diverrebbe eccessivo, ma si correrebbe addirittura il rischio di una
fuga costante, generale e ingiustificata, verso i minimi di pena. Non
sembra opportuno escludere dall' art. 133 c.p. la prevenzione
generale. L' art. 133 oggi consente la valutazione della prevenzione
generale attraverso il contrassegno della gravita' del reato. Questa
menzione non solo e' sufficiente, ma e' anche opportuna, in quanto
esclude che sia dato rilievo a istanze di prevenzione generale sorte
dopo la commissione del reato, senza che attraverso la commissione
stessa il reo ne abbia dolosamente o colposamente creato il rischio.
Quanto alle proposte avanzate, di criteri piu' precisi e rigorosi di
quelli dell' art. 133, l' esperienza straniera, negativa, induce ad
escluderle. Invero il giudizio di equivalenza tra reato e pena sembra
non poter trovare la sua oggettivita' se non nella prassi
giurisprudenziale: con il conformarsi ad essa o con l' innovarla, se
l' innovazione trova seguito.
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