| L' A. esamina un' ordinanza della Corte di assise di Bari, colla
quale si e' disposto ex art. 429 c.p.p. l' accompagnamento coattivo
dell' imputato detenuto all' udienza. Tale provvedimento non e'
apparso in sintonia, peraltro, con la norma processuale . In primo
luogo, l' accompagnamento e' stato ordinato dal collegio e non dal
presidente; in secondo luogo, manca ogni riferimento a quelle
specifiche esigenze istruttorie (atti di ricognizione o di confronto)
che possono legittimare l' intervento coercitivo; infine, nella
motivazione si giunge ad escludere che nel caso concreto (imputato
detenuto non comparso adducendo motivi ritenuti pretestuosi) ricorra
l' ipotesi di cui all' art. 427 comma 2 c.p.p., l' unica rilevante
per l' art. 429 c.p.p.. Quanto al primo punto, si ritiene che non si
debba parlare di incompetenza funzionale, e, quindi, di nullita'
assoluta dell' atto compiuto dal collegio. La ratio dell' art. 429
c.p.p. non sembra infatti escludere una tale sostituzione del
presidente. Diverse, invece, le conclusioni rispetto agli altri
profili dell' ordinanza. A tal proposito, si afferma la nullita' del
provvedimento per sostanziale mancanza di motivazione sui presupposti
applicativi, che devono essere intesi come tassativi (dato il
carattere coercitivo del provvedimento stesso). Si osserva, poi, che,
se realmente il caso di specie non poteva essere ricondotto all' art.
427 comma 2 c.p.p., allora il giudice doveva escludere l'
applicabilita' dell' art. 429. L' ipotesi del detenuto non comparso
che adduce motivi ritenuti infondati, del resto, sembra doversi
considerare un caso di contumacia dell' imputato detenuto. Dalla
lettura delle norme processuali, non deriva, in effetti, alcuna
preclusione a tale configurazione.
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