| L' A. esamina anzitutto l' origine e i successivi sviluppi del
controllo parlamentare sulle nomine e in particolare sulle nomine
bancarie. Delinea le caratteristiche prima della prassi concordata
fra Parlamento e Ministro del Tesoro e poi della legge 14/1978, con
cui si disciplina il controllo parlamentare su tutte le nomine
governative agli enti pubblici: rileva come la legge da un lato va
oltre la prassi, in quanto obbliga il Governo a richiedere una parere
preventivo, ma d' altro canto compie passi indietro, per quanto
riguarda il numero delle nomine bancarie sottoposte a parere e la
quantita' e qualita' della documentazione da presentare al
Parlamento. Nella seconda sezione considera brevemente l' efficacia
di un parere obbligatorio, preventivo, ma non vincolante, come quello
previsto dalla legge 14. Nota che tale parere puo' consentire di
raggiungere obiettivi di trasparenza, di informazione, di attivazione
di controllo politico e sociale, a patto che si verifichino alcune
condizioni oggettive e soggettive, riguardanti i comportamenti delle
forze politiche, i poteri e soprattutto le capacita' istruttorie
degli organi parlamentari, la volonta' del Governo di assumere
pienamente la responsabilita' dei suoi atti e di divenire
interlocutore effettivo del Parlamento. Nella terza sezione l' A.
sostiene che le condizioni indicate si sono verificate in misura
assai limitata. L' introduzione del sindacato parl amentare sulle
nomine ha prodotto alcuni effetti benefici. Tali effetti, tuttavia
sono stati assai inferiori a quelli che si sarebbero potuti ottenere,
a causa sia del comportamento passivo e reticente del Governo, sia
dell' incapacita' del Parlamento di esercitare un controllo efficace,
caso per caso, al di la' di precostituite posizioni politiche. In
appendice sono riprodotti alcuni documenti interni riguardanti le
modalita' di funzionamento del Comitato permanente sulle nomine della
VI Commissione della Camera.
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