| L' A. affronta il problema dei consultori familiari nell' unita'
locale. Innanzitutto spiega che lo scopo perseguito dalle unita'
locali e' quello del decentramento e dell' unificazione dei problemi
e delle politiche sociali; rileva che sebbene in base al d.p.r. n.
616 del luglio 1977 tutte le regioni avrebbero gia' dovuto aver
definito le aree subregionali (unita' locali) adeguate per la
gestione dei servizi, tutto cio' non e' ancora avvenuto. Spiega che
per realizzare l' "unita' locale" occorre creare determinate
condizioni normative ed operative per: a) una politica globale ed
unitaria per la tutela della salute, l' aiuto sociale e lo sviluppo;
b) un sistema integrato di prestazioni e servizi sul territorio, con
il massimo decentramento possibile e senza burocratizzarli, volti al
perseguimento di obiettivi precisi; c) una metodologia
politica-tecnica di intervento basata sulla triade interrelata di:
informazione, partecipazione, programmazione; d) un rinnovamento
professionale richiesto dal lavoro di base, integrato sul territorio,
da parte degli operatori. In particolare per quanto riguarda i
"consultori familiari", evidenzia la necessita' di combattere il
pericolo di una duplicazione dei servizi (consultori in aggiunta ai
vecchi servizi), suggerendo a questo fine di: 1) formare gli
operatori di base anche sui contenuti relativi agli obiettivi del
consultorio familiare per quanto riguarda il loro ruolo e sugli
indispensabili collegamenti, ove necessario, con gli specialisti e
con i servizi di secondo livello (in specie gli ospedali). 2)
Predisporre gli strumenti di educazione socio-sanitaria utilizzabili
anche dagli operatori di base. 3) Verificare periodicamente e
sistematicamente il reale perseguimento degli obiettivi del
consultorio familiare.
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