| Premesso che la filosofia giuridica finlandese, come fenomeno
culturale con propri tratti caratteristici, ha appena 150 anni di
vita, l' A. traccia un quadro della evoluzione del pensiero giuridico
finlandese in questi ultimi due secoli. Ricorda come nei primi
decenni dell' Ottocento la filosofia Kantiana abbia incontrato in
Finlandia una notevole resistenza, e come le idee di Hegel non
abbiano avuto efficacia duratura; ricorda ancora come maggiore
influenza abbia invece esercitato il giusnaturalismo, e che nel corso
del secol o vennero gradualmente guadagnando terreno diverse
sfumature di giurisprudenza dei concetti, che, benche' fortemente
presente come quadro metodologico di riferimento della ricerca
giuridica, non ebbe pero' rappresentanti che le facessero da
portavoce nell' ambito della filosofia del diritto. Pone poi in
rilievo che fu dopo la seconda guerra mondiale che si ebbe un
cambiamento di direzione, coll' inizio del periodo della filosofia
giuridica analitica: illustra quindi le ragioni del mutamento,
ricordando il pensiero dei principali rappresentanti di tale teoria.
Fu alla fine degli anni sessanta che si comincio' a rivolgere
critiche alla teoria analitica del diritto, critiche che l' A.
individua in un attacco diretto alla ricerca dogmatico-giuridica in
generale, ricordando quindi anche i maggiori rappresentanti della
teoria giuridica empiricamente considerata. Osserva infine come la
teoria marxista del diritto in Finlandia sia un fenomeno
relativamente recente, e solo in questi ultimi 15 anni si sia
notevolmente rafforzata, costituendo oggi una parte importante della
filosofia giuridica. Conclude col riassumere la situazione all'
inizio degli anni ottanta, osservando come nessuno sviluppo possa
rimuovere la differenza di fondo tra l' approccio analitico
(ermeneutica analitica) e quello marxista, pur essendo degni di nota
alcuni tentativi di conciliare gli elementi dissimili.
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