| Posto in risalto come la tradizione francese sia sempre stata ostile
all' instaurazione di un reale controllo delle leggi, e come sia
stato necessario attendere il 1958 per veder costituzionalizzato un
meccanismo di controllo con la creazione del Consiglio
Costituzionale, l' A. osserva che all' origine venne ad esso affidata
soltanto la funzione di regolare le rispettive competenze della legge
e del regolamento, in nome del principio della separazione dei
poteri; funzione in seguito pero' ampliata fino ad includere un vero
e proprio controllo di costituzionalita', divenendo quindi ben presto
chiaro che il Consiglio Costituzionale stava per diventare un
contropiede apprezzabile, ma inatteso, all' autoritarismo e al
presidenzialismo del regime. L' A. si chiede pertanto se il Consiglio
Costituzionale sia destinato a divenire un "terzo-potere" o un
"contro-potere" in un regime che non ne tollera che due: il
Presidente della Repubblica e il Parlamento. A tal fine si indugia a
definire l' attuale natura giuridica e gli esatti limiti della
funzione, evidenziando come il governo potrebbe, nei confronti del
Consiglio Costituzionale, o ignorarne le decisioni, o cambiarne la
competenza, o sopprimerlo puramente e semplicemente. L' A. non
condivide pero' tali soluzioni, ritenendo preferibile per l' avvenire
una trasformazione progressiva di tale organo in una effettiva Corte
Costituzionale, spiegandone quale dovrebbe essere la posizione e le
competenze: una riforma in tal senso, conclude, rinforzerebbe la
liberta' individuale, il controllo del Parlamento e i diritti dell'
opposizione.
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