| L' A. procede ad un esame critico delle proposte avanzate di recente
in tema di controlli sull' operato del pubblico ministero. Tali
proposte traggono origine, secondo i proponenti, dalla constatazione
di una eccessiva politicizzazione dei giudici, politicizzazione che
ha finito per incidere negativamente sulla certezza del diritto. L'
A. sostiene che la perdita di certezza e' il prodotto dell'
indipendenza reale e dell' emancipazione culturale dei magistrati
italiani, spinti a sfruttare fino in fondo le possibilita' offerte
loro dal diritto oggettivo. Nega che dal controllo politico della
magistratura possa derivare al cittadino una maggiore tutela. Si
neutralizzerebbe, invece, la funzione di controllo che la
magistratura ha finora svolto nei confronti dell' esecutivo e, piu'
in generale, verrebbe soppressa l' unica garanzia contro le
deviazioni e corruzioni del potere politico. LA soluzione del
problema della certezza puo' venire solo col superamento dei nodi
dell' "ingovernabilita'", in quanto l' "incertezza" normativa e' uno
degli aspetti piu' preoccupanti. Ridotta, cosi', la politicita' della
magistratura, il controllo su di essa e al tempo stesso la tutela
dell' inquisito potrebbero essere assicurati, oltre che dall'
introduzione del tribunale della liberta', dalla ridefinizione del
segreto istruttorio, da una nuova configurazione della comunicazione
giudiziaria, soprattutto dall' entrata in vigore del nuovo codice di
procedura penale, mediante la modifica del regime della
responsabilita' civile e disciplinare del magistrato.
Conclusivamente, l' A. esamina il contenuto di due proposte, che
giudica tra le migliori: l' allargamento delle ipotesi di colpa
grave, al fine della responsabilita' civile del giudice e l'
eliminazione dell' autorizzazione del guardasigilli per promuovere l'
azione tendente a favorire la soddisfazione della pretesa
risarcitoria; la tipizzazione degli illeciti disciplinari.
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