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142695
IDG820400079
82.04.00079 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Ramat Marco
"Per amor della toga". Disciplina, costume e liberta' del magistrato
Dem. dir., an. 21 (1981), fasc. 5, pag. 101-111
D02311
L' A. prende in esame la sentenza della Corte Costituzionale 7 maggio 1981, n. 100, che ha dichiarato non fondate le questioni di costituzionalita' dell' art. 18 della legge 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui sottopone a sanzione disciplinare il magistrato che tenga "in ufficio o fuori condotta tale che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere, o che comprometta il prestigio dell' ordine giudiziario". Le questioni di legittimita' concernevano questa parte della norma sotto due fondamentali profili: possibile violazione dell' art. 25 della Costituzione, perche' la disposizione e' assolutamente o eccessivamente generica, violando con cio' il principio di legalita'; possibile violazione dell' art. 21 della Costituzione, perche' la latitudine indistinta di questa norma consentirebbe limitazioni al diritto di manifestare liberamente il pensiero. La Corte Costituzionale ha ritenuto infondate le questioni. L' A. sottopone a critica la motivazione della sentenza, secondo la quale il magistrato e' sanzionabile disciplinarmente quando esercita la liberta' di espressione in modo tale da far dubitare che lui, o la magistratura, non siano indipendenti e imparziali. L' A. sostiene che non e' ammissibile un ius singulare, di natura disciplinare, per i magistrati. O il magistrato commette vilipendio e quindi e' sanzionabile come "chiunque", o manifesta il suo pensiero e quindi esercita un diritto costituzionale. A meno che non si voglia introdurre il principio secondo cui uun comportamento che non e' sanzionabile per "chiunque", lo sarebbe per il magistrato che, pur non commettendo il vilipendio, tuttavia, comprometterebbe il prestigio della magistratura con altri minori comportamenti. In cio' si configurerebbe la violazione del principio di uguaglianza perche' si vieterebbe al magistrato cio' che e' consentito agli altri, in violazione dell' art. 3 della Costituzione. Conclusivamente l' A. propone ed illustra uno strumento idoneo a superare la genericita' delle limitazioni disciplinari all' esercizio del diritto di manifestare il pensiero per i magistrati: i giudici disciplinari dovrebbero condannare soltanto con la maggioranza qualificata di due terzi.
art. 18 l. 31 maggio 1946, n. 511 C. Cost. 7 maggio 1981, n. 100
Centro diretto da G. Taddei Elmi - IDG Firenze



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