| L' ordinanza annotata, dopo avere preliminarmente esaminato il
rapporto intercorrente tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria,
sostenendo che l' illecito sportivo, qualora assuma rilevanza non per
il solo ordinamento sportivo ma anche per il diritto comune, perde la
sua specificita' e viene assoggettato all' esame del giudice
ordinario, ha considerato il problema dell' ammissibilita' della
costituzione di parte civile del CONI nei processi per scommesse
clandestine e ne ha riconosciuto la legittimita' sulla base delle
seguenti ragioni: in primo luogo, essendo la funzione normativa di
tale ente quella di vigilare, organizzare, potenziare lo sport
nazionale, sorvegliare o tutelare le organizzazioni sportive,
conservare, controllare ed incrementare il patrimonio sportivo, il
Tribunale, nella decisione annotata, ha ritenuto che ove l' agonismo
sia colpito nel suo libero svolgimento a mezzo di accordi miranti ad
alterare i risultati sportivi, il CONI subisca la perdita di
prestigio, reputazione e stima. Inoltre poiche' gli interessi violati
sono interessi qualificati, che fanno capo direttamente all' ente e
non meri interessi diffusi, l' ente subisce una lesione dei suoi
diritti della personalita' e dei suoi fini istituzionali, il che
consente l' azione di risarcimento dei danni morali. Quanto al
quesito riguardante la legittimazione alla costituzione di parte
civile dei giocatori di schedine del totocalcio, il Tribunale si e'
espresso nel senso della non ammissibilita'. L' A. sostiene che tale
soluzione, basata sul fatto che non e' possibile determinare il
danno, non pare condivisibile. Un danno pur minimo per costoro c' e'
ed e' facilmente verificabile. Si puo' infatti individuare il danno
patrimoniale, legittimante la costituzione degli scommettitori,
anziche' nel lucro cessante derivante dalla mancata vittoria, nel
danno emergente causato dalla perdita della somma utilizzata per le
giocate; tale somma non sarebbe stata spesa qualora si fosse saputo
che le gare erano influenzate da illeciti accordi.
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