| L' A. prende in considerazione i reati che, trovando base di
riferimento nell' art. 207 c.p. abrogato, sono previsti dagli artt.
10 e 9 della vigente normativa fondamentale sul credito agrario, e
puniscono il deterioramento o la distruzione dell' oggetto sottoposto
al privilegio, la distrazione della somma dall' impiego convenuto, la
vendita dell' oggetto sottoposto a privilegio senza la soddisfazione
del credito dell' Istituto mutuante. Individuati i precedenti storici
degli artt. 10 e 9, nota che susseguentemente alla l. 1760/1928 i
reati non si trovano esplicitamente richiamati in alcuno dei numerosi
atti normativi speciali intervenuti a modificare o ad integrare la
normativa fondamentale: cio' che puo' essere segno di una mutata
sensibilita' sociale verso i relativi comportamenti criminosi, se non
si vogliono ritenere ammissibili applicazioni implicite o
sistematiche. In ogni caso, gli artt. 10 e 9 vanno ormai letti
attraverso il vigente codice e le ultime disposizioni di aumento
delle sanzioni penali, per un aggiornamento che, del tutto semplice
nei suoi termini formali, tuttavia in dottrina ha prospettato
contrastanti esiti. Dopo aver messo in luce la radice
economico-politica delle incriminazioni nel periodo dello
Stato-agricolo, l' A. risolve in un rapporto di similitudine l'
apparente loro estraneita' rispetto al sistema del codice penale
(abrogato e vigente), pur non nascondendo che la mutata struttura
economica italiana rende oggi difficile l' intelligenza di tale
rapporto, e da' luogo a dubbi di costituzionalita'. Comunque, nel
progetto governativo di riforma del credito agrario si rifa' posto ai
reati in considerazione, addirittura in una chiave puramente
ripropositiva. Ma, a prescindere dal merito del problema, esistono
alcune imperfezioni tecniche che, rendendo problematica l' efficacia
giuridica degli artt. 10 e 9, consiglierebbero piu' incisivi
interventi del legislatore.
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