| La sentenza in questione concerne l' art. 19 c.p.p. nella prospettiva
della legge fallimentare. La pregiudiziale di stato e'
obbligatoriamente devolutiva, nel senso che al giudice penale non e'
riconosciuto alcun margine di discrezionalita' sulla opportunita' di
sospendere il procedimento; questo deve essere sospeso quante volte
sia identificato il rapporto di pregiudizialita' tra le questioni di
stato e l' esistenza del reato, e sia riconosciuto carattere di
serieta' alla controversia. Sotto questo profilo il provvedimento del
giudice istruttore e' viziato per mancanza di motivazione. Infatti il
giudice non ha per nulla esaminato - sia pure nei limiti di una
sommaria delibazione - le cause di opposizione (con le quali e'
negato, nella sostanza, il presupposto oggettivo dell' insolvenza); e
non ha conseguentemente compiuto alcuna valutazione sulla loro
serieta', al cui esito positivo e' collegato il dovere del giudice di
disporre la sospensione del processo. D' altro canto, il principio
della inoppugnabilita', in materia, soffre eccezioni nell' ipotesi in
cui il provvedimento, positivo o negativo, adottato in ordine alla
sospensione del processo, abbia riflessi sullo stato di detenzione
dell' imputato, incidendo direttamente sullo "status libertatis", con
conseguente operativita' del generale controllo di legittimita' ai
sensi dell' art. 111 Cost.. Nel caso di specie la inscindibile
correlazione tra il rigetto della domanda di sospensione e lo stato
di detenzione dell' imputato e' rivelata, in punto di fatto, dalla
costatazione che contestualmente alla sospensione fu chiesta la
revoca del mandato di cattura; e che il giudice istruttore, con il
provvedimento oggi impugnato, rigetto', con la istanza di
sospensione, anche quella, contestuale, di revoca del mandato di
cattura.
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