| Se in passato il ricorso allo strumento della interpretazione
autentica costituiva un fatto eccezionale e sporadico (motivato da
un' effettiva oscurita' della norma e dalla conseguente necessita' di
eliminare pericolose divergenze giurisprudenziali), oggi il fenomeno
ha assunto le proporzioni di una vera e propria prassi legislativa,
di una "costante" dell' attivita' parlamentare delle ultime
legislature. L' emanazione della legge n. 112 del 1980, sulla natura
giuridica degli istituti di patronato, costituisce un caso eclatante
di pseudo-interpretazione autentica di norme giuridiche
obiettivamente non dubbie e univocamente interpretate, proprio in
senso diametralmente opposto a quello della legge interpretativa, da
una consolidata quasi trentennale giurisprudenza della Corte di
Cassazione a sezioni unite e del Consiglio di Stato. La presunta
onnipotenza del legislatore e' stata, tuttavia, in questo caso
tempestivamente contestata dalla magistratura: con sentenza n. 5034
del 30 agosto 1980 la Corte di Cassazione ha statuito che la legge n.
112 del 1980, ove dispone che i patronati hanno personalita'
giuridica di diritto privato, non puo' spiegare effetti retroattivi,
in quanto, nonostante la sua formale intitolazione di legge
interpretativa, si traduce in un provvedimento innovativo con
efficacia ex nunc; con ordinanza dell' 11 dicembre 1980, il Tribunale
di Roma ha inoltre sollevato d' ufficio eccezione di illegittimita'
costituzionale della legge sotto il duplice profilo della violazione
dell' articolo 104, primo comma, della Costituzione e dell' eccesso
di potere legislativo. Il problema della compatibilita' dell'
interpretazione legislativa con i principi costituzionali costituisce
un aspetto, non certo secondario, dell' attuale e piu' generale
problema della riforma delle istituzioni; solo garantendo un corretto
equilibrio tra i poteri dello Stato si sara' in grado di assicurare
la certezza del diritto a tutela dei singoli e della necessariamente
univoca volonta' dello Stato stesso.
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