| L' A. trae lo spunto dall' ordinanza in rassegna per qualche
riflessione sul problema della provvisoria esecuzione della sentenza,
secondo il disposto dell' art. 282, comma 1, c.p.c.. Esamina le varie
ipotesi contenute nel succitato primo comma, che si differenziano
sulla base del diverso fondamento che giustifica la concessione della
provvisoria esecuzione, soffermandosi in particolare sul caso in cui
essa venga concessa allorche' ricorra il "pericolo nel ritardo".
Osserva che, ogni volta ricorra "perculum in mora", siamo di fronte
ad una situazione non di danno effettivo, ma di danno potenziale; in
conseguenza, mezzo efficace per eliminare la situazione
potenzialmente dannosa puo' essere solo un mezzo cautelativo, un
mezzo, cioe', che ponga il titolare del diritto minacciato al riparo
della eventualita' di non poterlo piu' in seguito, soddisfare.
Passando quindi a puntualizzare in che cosa effettivamente consista
il "periculum in mora", l' A. distingue il pericolo nel ritardo in
"oggettivo" e in "soggettivo", dipendente, cioe', da ragioni
afferenti alla natura della prestazione o da ragioni afferenti alla
posizione od al comportamento delle parti, e ne esamina entrambi gli
aspetti. Un' ultimo problema, che prende in considerazione, e' quello
relativo al tempo entro il quale va considerata la mora; piu' in
particolare se si debba far riferimento al tempo occorrrente per lo
svolgimento del giudizio di appello, fino alla sentenza esecutiva ope
legis, o solo ad altro periodo di tempo: l' A. ritiene che il primo
riferimento sia senz' altro nello spirito della legge.
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