| L' A. ricostruisce la vicenda del processo che comincio' il 7 aprile
1979 con l' arresto del professore dell' Universita' di Padova
Antonio Negri, accusato, insieme ad un gruppo di collaboratori, di
essere il capo segreto del terrorismo italiano, e di avere
personalmente organizzato l' assassinio dell' onorevole Aldo Moro.
Negri fu piu' tardi riconosciuto innocente riguardo a queste
imputazioni, ma e' ancora in carcere accusato di essere membro di una
banda armata e di aver preso parte a rivolte armate in connessione
con reati minori che non hanno niente a che fare con le imputazioni
originarie. Sulla base di una analisi delle relazioni ufficiali del
processo, l' A. sottolinea le irregolarita' procedurali che hanno
caratterizzato l' inchiesta e in particolare il carattere
inquisitorio del processo: l' approccio basato su tesi precostituite
e la trasformazione di queste tesi in accuse senza il beneficio di
prove, usando solo gli scritti dell' accusato come fondamento. L'
impossibilita' a priori di negare la verita' delle accuse,
impossibilita' causata dalla circolarita' delle argomentazioni dell'
accusa e dalle sue continue petizioni di principio; l' esclusione del
contraddittorio; l' adozione di uno schema criminale "Tatertyp", in
questo caso concepito, l' imputato, come nemico del popolo. La forma
inquisitoria e' anche una forma di "processo politico", come e'
mostrato dall' esplicito abbandono da parte del giudice del suo
distacco rispetto alle tesi della difesa e della accusa, dalla
concezione dell' accusato come nemico, dalla legittimazione politica
dell' inchiesta da parte della stampa e dei partiti politici, a causa
dell' accordo fra la teoria della cospirazione, sulla quale il
processo si basa, e le ipotesi sul terrorismo care ad una parte della
cultura politica della sinistra.
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