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146378
IDG830600223
83.06.00223 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Miscione Michele
Usi e parita' di trattamento
Riv. dir. comm., an. 79 (1981), fasc. 3-6, pt. 1, pag. 135-165
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
D0101; D747
L' A. prende spunto da una sentenza della Corte di Cassazione per analizzare il fenomeno degli usi aziendali. Innanzi tutto egli individua i requisiti che dovrebbero distinguere gli usi normativi da quelli aziendali (o negoziali o di fatto). Per questi secondi non e' necessario il massimo grado di generalita' e continuita', dato che possono formarsi limitatamente a singole categoria di soggetti e a specifiche materie; e' necesaria invece la "vetustas", cioe' la costante ripetizione per un certo periodo di tempo. Gli usi aziendali come clausole d' uso, si intendono iscritti nel contratto ai sensi dell' art. 1340 c.c. ed obbligano le parti anche se da esse ignorati. Si intendono inseriti non nel contratto collettivo ma in quelli individuali. E' la ripetizione, da parte del datore di lavoro, di comportamenti uniformi nei confronti di una categoria omogenea di lavoratori (uniformita' di posizioni soggettive) che porta ad una parita' di trattamento. Si ha, cioe', l' estensione del medesimo comportamento anche a chi e' stato ingiustamente escluso. L' utilizzazione della tecnica degli usi porta quindi all' effetto-parita'. Resta da individuare la cerchia di lavoratori cui sono indirizzati gli usi che producono l' effetto-parita'. L' A. consiglia di non tener conto delle dichiarazioni del datore di lavoro ma, piuttosto, di guardare agli effettivi criteri obittivi usati a delineare la cerchia e, almeno in astratto, estensibili a tutti.
Cass. 19 aprile 1980, n. 2583 art. 1340 c.c. art. 3 Cost.
Ist. per la documentazione giuridica - Firenze



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