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146883
IDG830600248
83.06.00248 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Ragusa Maggiore Giuseppe
Modello d' impresa e fallimento
Dir. fall., an. 51 (1976), fasc. 3, pt. 1, pag. 221-250
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
D313; D311
L' A. prende in esame quelli che sono i requisiti fondamentali che la legge richiede per la dichiarazione di fallimento: la qualifica di imprenditore del debitore e l' esercizio di una attivita' commerciale. Sebbene il legislatore del 1942 non abbia, nel designare l' imprenditore, usato il termine "scopo di lucro", tuttavia il profitto personale e' connaturato alla concezione stessa dell' impresa e il concetto di "professionalita'" ricomprende anche lo scopo di lucro. Cio' e' vero sia per l' impresa privata che per quella pubblica. Il codice e la legge fallimentare hanno una concezione neoclassica (liberistica) dell' impresa; per cui il fallimento e' la conseguenza di una errata valutazione del mercato da parte dell' imprenditore e quindi la sanzione economica della sua cattiva gestione. Un particolare tipo di grande impresa qual' e' la multinazionale difficilmente potra' essere fatta fallire dato che essa, per la sua particolare struttura, riesce a rimediare, con altri mezzi diversi dal fallimento, alle difficolta' economiche dell' impresa affiliata. In questo, la multinazionale si puo' assimilare all' impresa pubblica che, per gli scopi pubblicistici che si prefigge, e' esentata dal fallimento. Da tutto cio' che l' A. ricava la convinzione che la disciplina della legge fallimentare si applica solo all' impresa media o grande che non abbia pero' assunto le caratteristiche dell' impresa in mano pubblica o della grandissima impresa costituita in multinazionale, Holding o gruppo.
art. 1 l. fall. art. 2082 c.c. art. 2195 c.c.
Ist. per la documentazione giuridica - Firenze



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