| Dopo un terzo di secolo, il legislatore ha finalmente adeguato la
giurisdizione penale militare allo spirito (ed alla lettera) della
Costituzione repubblicana. I criteri ispiratori della riforma
emergono non soltanto dal testo normativo, ma dalla peculiare vicenda
politica e sociale che ne ha determinato la formazione. Alla stregua
di un tale complesso di fattori, l' A. ritiene di poter affermare che
il legislatore ha, fondamentalmente, voluto realizzare: a) la
sottrazione all' elemento - Forze armate, del peso maggioritario
negli organi giudicanti; b) il conferimento della presidenza degli
stessi a magistrati; c) l' istituzione del secondo grado di giudizio
di merito; d) l' identificazione del giudice di legittimita' nella
Cassazione; e) l' istituzione, in parte attuata (sorteggio dei
giudici militari), in parte programmata (organo di autogoverno dei
magistrati), di guarantigie di indipendenza. Contestualmente a questi
modelli innovatori il legislatore ha voluto anche la conservazione
del carattere militare degli organi, non soltanto "ratione materiae",
ma anche nella loro composizione; e non solo riaffermando la presenza
in essi degli appartenenti alle Forze armate (e ribadendo l' esigenza
che il giudice debba avere almeno il grado di ufficiale), ma anche
conferendo a quella presenza un peso specifico sostanziale diverso
(e, sotto un certo profilo, maggioreé) che nel passato. Possono
tuttavia riscontrarsi aspetti non marginali (ma neanche essenziali)
della riforma che presentano malformazioni o inadeguatezze. L' A.
richiama l' attenzione proprio su tali aspetti, cercando di
dimostrare sia il carattere equivoco o lacunoso o incongruo della
singola norma, sia l' estraneita' di quel precetto ai criteri
fondamentali della intera normazione (come sopra interpretati), onde
lo stesso ben puo' venire caducato, senza che cio' pregiudichi lo
spirito della legge o il livello di equilibrio politico che essa
rappresenta.
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