| L' art. 1224, comma 2, c.c. ha codificato la risarcibilita' del danno
ulteriore anche nella inadempienza colposa, prima controversa, nel
limite del prevedibile ex art. 1225 c.c.. Esso non va determinato con
riguardo al tasso inflazionistico, in quanto cio' contrasta col
principio nominalistico, col limite ex art. 1225 c.c., data la non
prevedibilita' del suo andamento ora strisciante ora galoppante,
colla diversa ragione di cambio. Esso non va neppure determinato con
riguardo al frutto di un investimento non monetario, sia ex art. 1223
c.c., perche' il denaro e' fungibile e versatile ad ogni impiego, sia
ex art. 1225 c.c., non potendo dirsi prevedibili le circostanze e
caratteristiche di un presumibile investimento, la sua durata e
quelle del disinvestimento. Esso va invece determinato con riguardo
allo scarto tra tasso legale ed interesse di mercato, e cioe' al
normale rendimento di un impiego liquido (cioe' creditizio), non
aleatorio nella sua quantita' nominale ed adeguato ad ogni
aspettativa razionale, compresa l' inflazionistica. Il riferimento a
scarto ha riscontri storici, logici, sistematici ex artt. 1207, comma
1, 1223, 1225, 1226, 1227, 1228 c.c.. L' interesse di mercato copre
il deprezzamento nel tempo della moneta, che e' metro di misura di
tutti i prezzi e percio' funge da saggio di attualizzazione di essi.
Il danno nelle obbligazioni non pecuniarie va liquidato con riguardo
al tempo del suo prodursi e non della decisione; l' equivalente
monetario di un danno passato va "attualizzato" con l' aggiunta dell'
interesse di mercato inversamente a quel che accade nel liquidare il
danno futuro. L' art. 429, comma 3, c.p.c. va inteso nel senso che e'
ulteriormente risarcibile solo quella parte del deprezzamento
eventualmente ricorrente al di sopra dell' interesse legale. Non
possono cumularsi con la rivalutazione e calcolarsi sul capitale
rivalutato, gli interessi.
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