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147409
IDG820600803
82.06.00803 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Frisina Pasquale
La forma per la proposizione dell' appello nelle controversie individuali di lavoro trattate in primo grado con il rito ordinario e questioni connesse
nota a Cass. sez. lav. 5 giugno 1981, n. 3638
Giust. civ., an. 32 (1982), fasc. 1, pt. 1, pag. 220-227
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
La coesistenza dei due riti (ordinario e speciale ex l. n. 533 del 1973), a cognizione piena e differenziati a seconda della natura delle controversie, determina talune situazioni di incertezza nella scelta dell' uno o dell' altro rito con implicazioni nelle vicende giudiziarie che gravano specialmente sulla posizione della parte che deve operare la scelta del mezzo appropriato di impugnazione nel promuovere il giudizio di appello. Il particolare problema riguarda l' ipotesi di controversia soggetta al rito del lavoro e trattata in primo grado con il rito ordinario e di appello, introdotto con citazione ad udienza fissa, anziche' nella forma del ricorso, depositato nel termine prescritto (art. 434 c.p.c.). Si sostiene che la scelta del mezzo di impugnazione appropriato e' in ogni caso onere della parte, si contesta il principio della c.d. ultrattivita' del rito, basato su di una interpretazione estensiva dell' art. 439 c.p.c. che non e' consentita e si dissente anche dalla tesi della convertibilita' dell' atto nullo in atto valido nel caso di deposito tempestivo della citazione - cosi' come dai rispettivi indirizzi giurisprudenziali della Suprema Corte -, sicche' si conclude che l' appello, erroneamente proposto nella forma ordinaria, e' inammissibile.
art. 20 l. 11 agosto 1973, n. 533 art. 409 c.p.c. art. 429 c.p.c. art. 433 c.p.c. art. 434 c.p.c.
Ist. per la documentazione giuridica - Firenze



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