| durante una crisi ministeriale il parlamento cessa ognilattivita' con
conseguenze gravi qualora la crisi duri settimane o mesi. l'
onorevole francesco colucci (psi, milano) ha proposto di rivedere la
prassi: suggerisce di continuare a lavorare almeno in sede di
commissioni straordinarie. ma i capigruppo della camera riuniti a
montecitorio hanno respinto la proposta. nel comunicato conclusivo si
ammette solo qualche eccezione: approvazione del bilancio dello
stato; eventuali ratifiche di trattati internazionali; l' esame di
progetti di legge per i quali vi sia riconoscimento unanime e la non
incidenza sullo svolgimento della crisi in corso. l' a. critica la
mancata volonta' di instaurare norme innovatrici ricorrendo alle
solite eccezioni. l' affermazione che, in tempi di crisi, mancando un
rappresentante del governo viene a mancare il naturale contraddittore
del parlamento, e', secondo l' a., pretestuosa. tale argomento, dice
l' a., vale per leggi che coinvolgano l' indirizzo politico generale
ma non certo per i provvedimenti di ordinaria amministrazione o per
quelli gia' approvati da uno dei rami del parlamento. non bisogna
dimenticare che alla fine di una legislatura decadono tutti i
provvedimenti gia' approvati da una sola delle camere obbligando la
legislatura successiva a ricominciare tutto da capo. tutt' altro che
bella prospettiva, aggiunge l' a., in un quadro parlamentare come
quello italiano eternamente ansimante. l' a. sostiene che 2 sarebbero
i vantaggi qualora il parlamento continuasse a lavorare: i dibattiti
proseguiti nelle 2 camere avrebbero un risultato piu' efficace
rispetto alle consultazioni che avvengono nel salotto del presidente,
forse favorendo la soluzione della crisi. inoltre, aggiunge l' a., si
parla tanto di "centralita'" del parlamento come meta nel quadro
della riforma del sistema ma la conferenza dei capigruppo ha perso l'
occasione buona per affermarla.
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