| L' A. osserva che la sentenza n. 140 del 1982, con la quale la Corte
Costituzionale ha rigettato le censure mosse contro l' art. 102 c.p.,
appare in sintonia con la coeva pronuncia n. 139, in cui, pur
dichiarandosi, per un particolare profilo, l' illegittimita' della
presunzione di pericolosita' sociale per gli infermi di mente, si
ribadiva tuttavia la costituzionalita', nelle linee generali, dell'
istituto della pericolosita' presunta. Pertanto, anche se i rilievi
del giudice "a quo" non si fossero esclusivamente fondati sull' art.
25 comma 3 Cost., ma avessero altresi' chiamato in causa il principio
di uguaglianza, il diritto di difesa e la funzione rieducativa delle
misure di sicurezza, e' da ritenere che non si sarebbe ugualmente
scalfito l' istituto dell' abitualita' presunta; semmai, esiti
diversi avrebbero potuto conseguirsi se, accanto all' illegittimita'
dell' art. 102, fosse stata dedotta pure quella dell' art. 109 comma
2 c.p., in virtu' delle analogie tra la questione cosi' prospettata e
quella decisa con la sentenza n. 139. E' peraltro da registrare il
sospetto che sulla decisione abbiano altresi' influito considerazioni
di carattere politico, legate alla progressiva rarefazione delle
dichiarazioni di abitualita' di cui all' art. 103 c.p. ed alla
conseguente circostanza che una soppressione dell' abitualita'
presunta farebbe in pratica sparire dalla scena la figura del
delinquente abituale. Ma anche la battuta d' arresto indubbiamente
segnata dalla presente sentenza non potra' impedire che, prima o poi,
l' incostituzionalita' di tutte le forme di pericolosita' presunta
emerga finalmente in piena luce.
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