| La nuova disciplina sui contratti agrari, pur nel tentativo di
adeguamento della normativa agli indirizzi dettati dalla Corte
Costituzionale, non sembra sia riuscita a superare le censure di
illegittimita' che gia' avevano colpito la precedente legislazione in
materia ed ha anzi accolto principi ed istituti di non facile
collocabilita' nell' ambito del costituzionalmente legittimo. Per
quanto riguarda, infatti, il primo aspetto deve rilevarsi che vi sono
nella recente legge statuizioni che, ricalcando vecchi e sanzionati
schemi, perpetuano le condizioni di illegittimita' che avevano
provocato giudizi negativi dei giudici di Palazzo della Consulta.
Cosi' deve dirsi in ordine a quelle disposizioni che, pur ritenendo
necessario (nell' interesse sociale) un limite minimo di durata del
contratto, non solo consentono la facolta' di recesso, ma la
attribuiscono anche ad una sola delle parti contraenti, l'
affittuario, sia esso coltivatore diretto e quindi usufruente della
speciale tutela riservatagli dagli artt. 35 ss. Cost., sia invece
imprenditore che gode della stessa generica garanzia costituzionale
di cui fruisce il proprietario. Ingiustificata e illegittima e',
percio', la disparita' di trattamento riservata a quest' ultimo. Ed
anche illegittima appare, per analogo contrasto con l' art. 3 Cost.,
la normativa in tema di miglioramenti fondiari, che consente all'
affittuario di eseguire piccoli miglioramenti senza il previo
consenso del proprietario concedente, e gli attribuisce un'
indennita' per le opere di trasformazione, pur se non v' e' stato
aumento di produttivita' del fondo, condizione richiesta invece
perche' il proprietario miglioratario possa ottenere un aumento del
canone. Anche una precedente norma sulla composizione dell' organo
incaricato della valutazione dell' equo canone fu ritenuta viziata
perche' non garantiva la rappresentanza paritetica delle categorie
interessate; ma la legge 1982/203 si e' limitata ad assicurare tale
pariteticita' solo nella composizione e non anche nel funzionamento
dell' organo, che puo' quindi deliberare al limite anche con la
partecipazione di una sola delle sue componenti rappresentative. Il
che non solo contrasta con il principio di uguaglianza, ma anche con
quello della imparzialita' della pubblica amministrazione sancito
dall' art. 97 Cost.. Per quanto si riferisce, poi, alle disposizioni
di piu' consistente portata innovativa che la recente legge ha
introdotto per dare una diversa struttura ai patti agrari, la
riconduzione all' affitto di tutti i contratti stipulati dopo l'
entrata in vigore della legge e la conversione in quest' unico tipo
negoziale di tutti i contratti associativi precedenti non si
sottraggono a consistenti rilievi di incostituzionalita'. Si
sopprime, infatti, l' iniziativa economica del concedente, che e'
tutelata dall' art. 41 Cost., e si viola - ancora una volta - il
principio di eguaglianza sancito dall' art. 3.
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