| Dopo una premessa storica circa i nessi di derivazione dei delitti
politici dal crimen laesae majestatis, si rileva come le fattispecie
del tit. I del libro II del codice penale siano svincolate dal
principio di offensivita', sia rispetto alla funzione sistematica del
bene giuridico, sia rispetto alla sua funzione dogmatica. Per il
primo punto, si osserva infatti come la "personalita' dello Stato"
(momento di raccordo del titolo) non costituisca soltanto un modo di
organizzare la tutela incompatibile con la Costituzione, ma non possa
nemmeno considerarsi un bene giuridico in senso reale, offendibile
dai vari comportamenti incriminati. Quanto al secondo punto, si nota
come le piu' significative ipotesi criminose del titolo risultino
incentrate su eventi-scopo i quali, o non assumono carattere
intrinsecamente e necessariamente lesivo, o dipendono da valutazioni
politiche di atteggiamenti interiori. L' esame dell' evoluzione
normativa piu' recente conferma tale processo di subbiettivazione.
Prospettando quindi le linee di una indilazionabile riforma del
titolo, si richiama la necessita' di un pregnante raccordo ai valori
costituzionali, e si propone un'articolazione della tutela rispetto
ai profili istituzionali (interni ed internazionali), ed a quelli
funzionali, dell' ordinamento repubblicano. Circa i profili
istituzionali interni, si mette in risalto come la Costituzione non
vincoli i fini politici, bensi' i mezzi necessari per raggiungerli.
Le fattispecie incriminatrici debbono pertanto ruotare essenzialmente
sul disvalore della condotta. Quanto ai profili internazionali, dopo
un esame critico della collocazione dei c.d. reati bellici, se ne
prospetta l' adeguamento agli artt. 11 e 78 Cost.. La tutela dei
profili funzionali viene strutturata in tre settori (regolare
funzionamento di organi costituzionali; segreto di Stato; diritti
politici), mentre in sede conclusiva, si esaminano brevemente i
problemi degli attentati e dei reati di opinione.
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