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150735
IDG820200201
82.02.00201 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Mangoni Luisa
La crisi dello Stato liberale e i giuristi italiani
Studi storici, an. 23 (1982), fasc. 1, pag. 75-100
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
S7193; F6010; S7037; F410; F4205
La crisi dello Stato liberale tra il tardo Ottocento e l' avvento del fascismo e' determinata dalla diffusione di una moltitudine di organizzazioni e associazioni perseguenti interessi individuali e di categoria, quali i sindacati, le cooperative, le istituzioni di mutualita', le associazioni imprenditoriali e cosi' via. A questa nuova realta' sociale doveva necessariamente adeguarsi la struttura dello Stato. L' A. esamina la posizione dottrinale assunta al riguardo da tre illustri giuristi italiani, Vittorio Emanuele Orlando, Santi Romano e Alfredo Rocco. Di V.E. Orlando viene evidenziata la distinzione che egli fa tra "ordine giuridico", sostanzialmente immodificabile, per cui lo Stato esiste necessariamente ed e' necessario per la sua esistenza un potere sovrano, e "ordine politico", assai piu' contingente, cui vanno riferite le varie istituzioni sociali. Tutto il diritto, secondo Orlando, deriva dallo Stato: tuttavia in questa concezione rimane con tutta la sua rilevanza la questione della tutela dei diritti concessi dallo Stato ai cittadini. Per Santi Romano l' adeguamento delle istituzioni statali alla nuova realta' sociale doveva mantenere il principio dell' organizzazione superiore dello Stato, tale da unire, contemperare ed armonizzare le organizzazioni minori in cui essa si va specificando. Di A. Rocco viene evidenziata la concezione corporativa dello Stato, il quale non e' qualcosa di diverso e di sovrapposto alla societa' organizzata in sindacati, comprendenti non solo i lavoratori dipendenti, ma anche gli imprenditori, i capi, i tecnici, ma la societa' stessa in quanto si organizza, esiste e vive.
Ist. storia del diritto - Univ. MI PV



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