| La crisi dello Stato liberale tra il tardo Ottocento e l' avvento del
fascismo e' determinata dalla diffusione di una moltitudine di
organizzazioni e associazioni perseguenti interessi individuali e di
categoria, quali i sindacati, le cooperative, le istituzioni di
mutualita', le associazioni imprenditoriali e cosi' via. A questa
nuova realta' sociale doveva necessariamente adeguarsi la struttura
dello Stato. L' A. esamina la posizione dottrinale assunta al
riguardo da tre illustri giuristi italiani, Vittorio Emanuele
Orlando, Santi Romano e Alfredo Rocco. Di V.E. Orlando viene
evidenziata la distinzione che egli fa tra "ordine giuridico",
sostanzialmente immodificabile, per cui lo Stato esiste
necessariamente ed e' necessario per la sua esistenza un potere
sovrano, e "ordine politico", assai piu' contingente, cui vanno
riferite le varie istituzioni sociali. Tutto il diritto, secondo
Orlando, deriva dallo Stato: tuttavia in questa concezione rimane con
tutta la sua rilevanza la questione della tutela dei diritti concessi
dallo Stato ai cittadini. Per Santi Romano l' adeguamento delle
istituzioni statali alla nuova realta' sociale doveva mantenere il
principio dell' organizzazione superiore dello Stato, tale da unire,
contemperare ed armonizzare le organizzazioni minori in cui essa si
va specificando. Di A. Rocco viene evidenziata la concezione
corporativa dello Stato, il quale non e' qualcosa di diverso e di
sovrapposto alla societa' organizzata in sindacati, comprendenti non
solo i lavoratori dipendenti, ma anche gli imprenditori, i capi, i
tecnici, ma la societa' stessa in quanto si organizza, esiste e vive.
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