| Tale il titolo di una pubblicazione che l' editore Giuffre' ha
predisposto per raccogliere una serie di testi sulla tortura. L'
intelligente raccolta di excerpta delle "Costituzioni" piemontesi e
modenesi del '700, la conoscenza dei particolari delle "forme"
previste per la tortura cosi' come erano fissati verso la meta' del
'700 a Venezia nonche' secondo lo "stile dello Stato di Toscana", la
lettura delle "Norme interinali" di Giuseppe II e del Codice dei
delitti del 1803, cosi' come del Codice di procedura penale per il
Regno d' Italia del 1807, del Codice napoletano del 1819 e di quello
degli Stati di Parma, Piacenza e Guastalla, delle Leggi civili e
criminali del Regno di Sardegna, del "Regolamento" gregoriano del
1831 e di quello austriaco del 1853, fino al Codice di rito penale
modenese del 1855 e ai Codici sabaudi del 1847, 1850, 1865 e 1913,
consentono invero di cogliere, pur nell' eterogeneita' dei "climi"
culturali e politici e di scelte di politica criminale oltre che di
correnti di pensiero, analogie di fondo sulla indispensabilita' di
acquisire anche, occorrendo, con mezzi coercitivi l' apporto
"testimoniale" dell' imputato: e cio' non soltanto in ordine al fatto
di reato che all' imputato e' direttamente attribuito ma, altresi',
al fatto di reato contestato ad eventuali concorrenti nel reato.
Calando nel momento storico odierno l' esperienza tratta dalle
"consolidazioni" del 1700 nonche' dalle "prassi" giudiziarie quali
documentate dalla manualistica del tempo, si trae (non
infondatamente) l' impressione che anche la legislazione penale degli
ultimissimi anni - concernente soprattutto la c.d. criminalita'
organizzata e terroristica - sia assai piu' preoccupata delle
esigenze di difesa della societa' che non delle garanzie dei diritti
individuali, e che molti istituti possano essere strumentalizzati in
modo da potere, all' occorrenza, funzionare da mezzi di coazione
indiretta rivolta a sollecitare appunto la testimonianza dell'
imputato anche sulla responsabilita' dei terzi concorrenti nel
medesimo reato o imputati comunque di reati connessi. Le disposizioni
strutturate in chiave di prevalenza delle ragioni di difesa della
societa' contenute nella legislazione contro il terrorismo e l'
eversione dovrebbero interessare un ambito circoscritto di soggetti
che a quella particolare criminalita' appartengono o vi si richiamano
ideologicamente, tuttavia e' indubbio che l' ondata di rigurgito
inquisitorio non puo' non investire l' apparato giudiziario nel suo
complesso, caricandolo, in tal modo, di atteggiamenti, di strumenti
operativi, di mentalita', di prassi non codificate, di contenuti
della "discrezionalita'" che finiscono, come dimostra l' esperienza
di ogni giorno, per essere estesi a tutti gli imputati.
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