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Documento


150928
IDG830800353
83.08.00353 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Bartole Sergio
Ripensando alla collaborazione tra Stato e regioni alla luce della teoria dei principi del diritto
Giur. cost., an. 27 (1982), fasc. 12, pag. 2420-2434
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
D03110
L' A. sottolinea l' inadeguatezza del tradizionale metodo di individuazione dei principi come mera e progressiva generalizzazion di una serie di dati elementari e, utilizzando le ipotesi di lavoro prospettate da Dworkin, pone in evidenza il fatto che il processo argomentativo non si risolve in una semplice rilevazione obiettiva, per la presenza in esso di opzioni necessariamente proprie dell' interprete. Il principio cosi' ricostruito va poi visto come una sorta di norma di secondo grado, nel senso che si configura come una proiezione direttiva incidente sull' attuazione delle norme di dettaglio. In questa chiave, puo' ben dirsi che solo attraverso una piatta ricostruzione dei dati emergenti dalla normativa costituzionale si potrebbe essere indotti a ritenere che la regola dei rapporti tra Stato e regioni sia quella dell garanzia di competenze rigidamente separate e distinte; invero, nella pratica tale ricostruzione non ha mai avuto attuazione, in quanto prima le norme di attuazione degli statuti speciali, poi la giurisprudenza della Corte costituzionale concernente le regioni differenziate, e quindi le prime leggi di programmazione implicanti un qualche coinvolgimento di queste stesse regioni nelle politiche di governo dell' economia hanno dato vita ad un sstema di relazioni in cui le distinzioni di competenza non erano piu' apprezzate soltanto in chiave di riparto delle funzioni "ratione materiae", ma seguivano per lo piu' una linea diversa, in virtu' della quale Stato e regioni avevano competenze concorrenti in ordine alle stesse materie, soltanto distinte in ragione del livello territoriale ovvero della qualita' degli ineressi in gioco. Al momento del decollo delle regioni ad autonomia ordinaria, si ricavava quindi da fonti diverse una indicazione nel senso dell' esistenza di un principio di collaborazione tra Stato e regioni, cui era forse eccessivo attribuire una qualita' materialmente costituzionale, ma al quale non poteva certo essere negata una immediata incidenza direttiva nell' interpretazione delle norme costituzionali, per di piu' sorretta da una constatata maggiore aderenza alle esigenze di una societa' industriale complessa, quale era divenuta negli anni la nostra. Tale indicazione e' andata vieppiu' rafforzandosi con la completa attuazione della riforma regionale, giacche', sia nel d.p.r. n. 616 del 1977, sia nelle leggi di programmazione settoriale, ha trovato consacrazione un modello di compresenza dello Stato e delle regioni nel governo delle materie diffuso ben al di la' di quanto consentito dal riparto verticale delle competenze tra legislazione statale di cornice e legislazione regionale di dettaglio.
Centro diretto da G.F. Ciaurro - Camera dei Deputati



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