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150929
IDG830800357
83.08.00357 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Chiavario Mario
Profili di deontologia della professione forense nella giurisprudenza della Corte Costituzionale
Giur. cost., an. 27 (1982), fasc. 12, pag. 2447-2461
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
D961; D96900
L' A. passa in rassegna una serie di decisioni della Corte costituzionale caratterizzate dal presentare come dato comune il riferimento alla deontologia forense, sia pure assunto di volta in volta in termini diversi e per differenti finalita'. Viene cosi' in considerazione in primo luogo la sentenza n. 59 del 1959, in cui il canone deontologico e' valorizzato al punto di fondare su di esso una declaratoria di incostituzionalita', sia pure attraverso una sottolineatura, forse discutibile, del ruolo del giudice in funzione di controllo del rispetto del canone medesimo. Eguale preoccupazione per "l' effettivita'" della difesa non si riscontra, invece, nella sentenza n. 114 del 1967, in materia di gratuito patrocinio, tendente a respingere i problemi sollevati nel campo della politica legislativa, e dunque fuori del controllo di costituzionalita'. Altre pronuncie, rigettando questioni attinenti alla disciplina della sfera territoriale di esercizio della professione di procuratore legale, privilegiano l' esigenza di un corretto ed efficiente svolgimento di questa anche sulla tutela delle libere determinazioni del cliente che, dalla normativa sulla residenza dei procuratori, vede ristretta l' area di potenziale scelta dal patrono. Altre ancora fanno della consacrazione in norme di legge di canoni tipicamente deontologici, quali quelli della "lealta' e probita'", di cui all' articolo 88 del codice di procedura civile, il fondamento della reiezione di questioni vertenti su altre norme di disciplina dell' esercizio giudiziario della professione forense. Si danno poi casi in cui a base della reiezione si assume l' esistenza di prassi giurisprudenziali, da cui si ritiene assicurato il principio dell' effettivita' della difesa. Vi e', ancora, la sentenza n. 62 del 1971, in cui, pur negandosi che la presenza del difensore al compimento degli atti istruttori cui ha diritto di assistere configuri una necessita' processuale, si ha cura di chiarire che essa costituisce adempimento di un dovere professionale, la cui inosservanza puo' trovare sanzione in sede disciplinare. Vi e', infine, la nota decisione n. 125 del 1979, con la quale, affrontando il problema del cosiddetto "divieto di autodifesa esclusiva" in un momento di forte tensione interna alla classe forense sui tipi di risposta professionale da dare al nuovo fenomeno del rifiuto di difesa, la Corte si e' sforzata di trovare nella normativa vigente, di cui non a caso e' posta in rilievo l' elasticita', un margine di conciliazione tra le due opposte esigenze della necessaria presenza del difensore a fianco dell' imputato, da un lato, e, dall' altro, del rispetto delle scelte autodifensive o, al limite, non-difensive dell' imputato stesso.
art. 88 c.p.c. C. Cost. 1959, n. 59 C. Cost. 1967, n. 114 C. Cost. 1971, n. 62 C. Cost. 1979, n. 25
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