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150940
IDG830600079
83.06.00079 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Gazzara Giacomo
Questioni in tema di competenza per connessione e di pronuncia secondo equita' nel giudizio arbitrale
Giur. merito, an. 14 (1982), fasc. 4-5, pt. 1, pag. 851-859
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
D3173; D446
Le ipotesi di garanzia impropri e di litisconsorzio facoltativo non determinano spostamento di competenza ne' in casi normali ne', a maggior ragione, nel caso in cui l' obbligato principale sia stato chiamato dinanzi ad un collegio arbitrale ed intenda rivalersi su altri, in ordine ai rapporti con i quali il creditore - istante rimanga del tutto estraneo ed indifferente. Ad ogni modo il principio dell' assorbimento della competenza arbitrale in quella del giudice ordinario in tutte le ipotesi di connessione propria (privo per altro di un valido conforto testuale) trova un argine insuperabile nella necessita' del rispetto delle norme di rito, in forza delle quali il principio stesso potra' avere applicazione fino a quando la pendenza, davanti al giudice ordinario, della causa connessa sia accertata prima che quella davanti al collegio arbitrale entri in fase di deliberazione, con la chiusura della fase istruttoria e con la sopravvenuta imperativita' del contraddittorio: dato che il fondamentale principio del contraddittorio, la cui inosservanza importa nullita' insababile del procedimento non potrebbe essere piu' osservato quando gli arbitri si trovano in fase di deliberazione, dopo la riserva di decisione, cui deve attribuirsi valore finale e preclusivo. Insomma, in rispetto all' invocato, inderogabile principio, anche nel giudizio arbitrale vige il divieto di allargare il tema del contendere una volta che la causa sia entratta in fase di deliberazione. In ordine poi alla possibilita' di compromettere in arbitri le controversie insorte tra appaltatore e pubblica amministrazione, e' bene ricordare anzitutto che secondo l' art. 349 della l. 20 marzo 1865 all. F., "nei capitolati d' appalto potra' prestabilirsi che le questioni tra l' amministrazione e l' appaltatore siano decise da arbitri": appunto come ha stabilito il capitolato generale del 28.5.1895 (agli artt. 42 e 48). Ora, poiche' l' appalto non perde la sua natura di contratto di diritto privato solo perche' committente e' lo Stato, ne discende che la Pubblica Amministrazione resta legittimata a compromettere anche a giudizio arbitrale di equita' qualsiasi controversia derivante da un contratto di appalto. Infatti la diversa disciplina del nuovo capitolato generale (d.p.r. 16 luglio 1962, n. 1063), a tutto voler concedere, puo' ritenersi inderogabile solo per i contratti che interessino direttamente lo Stato, mentre per i contratti interessanti Enti pubblici diversi dallo Stato, quella regolamentazione costituisce non piu' che uno schema, cui le parti fanno riferimento con piena facolta' di deroga, in quanto agli Enti pubblici diversi dallo Stato competono, in materia di pubblici appalti, appunto poteri e diritti di natura privatistica. Non si puo' quindi contestare la piena validita' di una clausola compromissoria stipulata da un ente pubblico diverso dallo Stato con cui vengano definite ad un giudizio arbitrale di equita' tutte le controversie nascenti da un contratto di appalto: soprattutto quando committente sia una Universita', ente pubblico dotato di personalita' giuridica ed autonomia amministrativa, dovendosi escludere, in particolare, che per i lavori dati in appalto dalle amministrazioni universitarie sia legislativamente imposta l' applicazione delle norme del capitolato generale d' appalto per le opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici, secondo quanto si desume inequivocabilmente dagli artt. 129 6 aprile 1924, n. 674 e 50 r.d. 4 maggio 1985, n. 3074, riprodotto nell' art. 45 r.d. 23 maggio 1924, n. 827.
r.d. 6 aprile 1924, n. 674 d.p.r. 16 luglio 1962, n. 1063 art. 1655 c.c. art. 822 c.p.c.
Ist. per la documentazione giuridica - Firenze



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