| Le ipotesi di garanzia impropri e di litisconsorzio facoltativo non
determinano spostamento di competenza ne' in casi normali ne', a
maggior ragione, nel caso in cui l' obbligato principale sia stato
chiamato dinanzi ad un collegio arbitrale ed intenda rivalersi su
altri, in ordine ai rapporti con i quali il creditore - istante
rimanga del tutto estraneo ed indifferente. Ad ogni modo il principio
dell' assorbimento della competenza arbitrale in quella del giudice
ordinario in tutte le ipotesi di connessione propria (privo per altro
di un valido conforto testuale) trova un argine insuperabile nella
necessita' del rispetto delle norme di rito, in forza delle quali il
principio stesso potra' avere applicazione fino a quando la pendenza,
davanti al giudice ordinario, della causa connessa sia accertata
prima che quella davanti al collegio arbitrale entri in fase di
deliberazione, con la chiusura della fase istruttoria e con la
sopravvenuta imperativita' del contraddittorio: dato che il
fondamentale principio del contraddittorio, la cui inosservanza
importa nullita' insababile del procedimento non potrebbe essere piu'
osservato quando gli arbitri si trovano in fase di deliberazione,
dopo la riserva di decisione, cui deve attribuirsi valore finale e
preclusivo. Insomma, in rispetto all' invocato, inderogabile
principio, anche nel giudizio arbitrale vige il divieto di allargare
il tema del contendere una volta che la causa sia entratta in fase di
deliberazione. In ordine poi alla possibilita' di compromettere in
arbitri le controversie insorte tra appaltatore e pubblica
amministrazione, e' bene ricordare anzitutto che secondo l' art. 349
della l. 20 marzo 1865 all. F., "nei capitolati d' appalto potra'
prestabilirsi che le questioni tra l' amministrazione e l'
appaltatore siano decise da arbitri": appunto come ha stabilito il
capitolato generale del 28.5.1895 (agli artt. 42 e 48). Ora, poiche'
l' appalto non perde la sua natura di contratto di diritto privato
solo perche' committente e' lo Stato, ne discende che la Pubblica
Amministrazione resta legittimata a compromettere anche a giudizio
arbitrale di equita' qualsiasi controversia derivante da un contratto
di appalto. Infatti la diversa disciplina del nuovo capitolato
generale (d.p.r. 16 luglio 1962, n. 1063), a tutto voler concedere,
puo' ritenersi inderogabile solo per i contratti che interessino
direttamente lo Stato, mentre per i contratti interessanti Enti
pubblici diversi dallo Stato, quella regolamentazione costituisce non
piu' che uno schema, cui le parti fanno riferimento con piena
facolta' di deroga, in quanto agli Enti pubblici diversi dallo Stato
competono, in materia di pubblici appalti, appunto poteri e diritti
di natura privatistica. Non si puo' quindi contestare la piena
validita' di una clausola compromissoria stipulata da un ente
pubblico diverso dallo Stato con cui vengano definite ad un giudizio
arbitrale di equita' tutte le controversie nascenti da un contratto
di appalto: soprattutto quando committente sia una Universita', ente
pubblico dotato di personalita' giuridica ed autonomia
amministrativa, dovendosi escludere, in particolare, che per i lavori
dati in appalto dalle amministrazioni universitarie sia
legislativamente imposta l' applicazione delle norme del capitolato
generale d' appalto per le opere dipendenti dal Ministero dei Lavori
Pubblici, secondo quanto si desume inequivocabilmente dagli artt. 129
6 aprile 1924, n. 674 e 50 r.d. 4 maggio 1985, n. 3074, riprodotto
nell' art. 45 r.d. 23 maggio 1924, n. 827.
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