| Tra la terza e la quarta decade del XVI secolo si verifica in quasi
tutti i Paesi europei un processo di riorganizzazione dell'
assistenza ai poveri che tende a sottrarre la gestione della
beneficenza alla Chiesa per trasmetterla al pubblico potere.
Contemporaneo alla riforma religiosa, il movimento di riforma della
beneficenza presenta connessioni con essa. Un movimento
antipauperista si diffonde comunque nel secolo XVI ed e' espressione
di una nuova mentalita' che, mentre esalta il culto del lavoro, non
e' piu' disposta a tollerare il falso povero, mendicante, ozioso e
turbolento. In questo senso si esprimono non solo gli ordinamenti di
alcune citta' germaniche toccate dalla riforma luterana, ma anche
quelli di altre citta' rimaste cattoliche, in particolare nelle
Fiandre. Essi disciplinano una riforma della beneficenza, prevedendo
l' avviamento al lavoro dei ragazzi e negando ogni sovvenzione ai
poveri non inabili, costringendoli a lavorare. L' A. esamina un
opuscolo di J. L. Vives, il "De subventione pauperum", che e', tutto
sommato, l' elaborazione, ad uso delle autorita' cittadine, di un
piano di riforma generale dell' assistenza ed un riassunto di tutti i
luoghi comuni sui poveri, mendicanti e vagabondi. Sono rilevabili
nell' opuscolo coincidenze con le posizioni dei riformatori germanici
in materia di pauperismo, perche' sia Lutero che Vives erano d'
avviso che occorresse una radicale riforma che rompesse con la
tradizionale indulgenza della Chiesa verso abusate forme di
pauperismo che favorivano l' oziosita' e il vagabondaggio. Occorreva
eliminare la funzione che la Chiesa aveva come erogatrice di
beneficenza per trasmetterla al potere pubblico; trasmissione che d'
altronde lo Stato moderno in quel tempo era ormai pronto ad
accogliere.
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