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152174
IDG831100089
83.11.00089 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Morviducci Claudia
L' ammissibilita' del referendum rispetto alle leggi di esecuzione dei trattati
Riv. dir. intern., an. 65 (1982), fasc. 3, pag. 555-570
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
D021030
Con le sentenze nn. 30 e 31 del 13 febbraio 1981, la Corte costituzionale ha confermato ed integrato la propria precedente giurisprudenza sui limiti all' ammissibilita' di referenda abrogativi di leggi di attuazione di trattati internazionali, affermando che il limite sancito dall' art.75, comma 2 - letteralmente solo per le leggi di autorizzazione alla ratifica - concerne oltre al "momento dell' esecuzione strettamente intesa", cui aveva fatto riferimento nella sentenza n. 16/78, anche tutte le leggi produttive di "effetti strettamente collegati all' ambito di operativita' dei trattati": la ratio del limite andrebbe infatti individuata nell' intento di evitare che una pronuncia popolare possa causare la responsabilita' internazionale dello Stato italiano. La Corte ha pertanto dichiarato inammissibili i referenda proposti per abrogare taluni articoli della legge 22 dicembre 1975, n. 685 (Disciplina degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope) e della legge 2 agosto 1975, n. 393 (Localizzazione delle centrali elettronucleari), sostenendo che l' emanazione di tali disposizioni risultava imposta da obblighi convenzionali. La posizione della Corte pare discutibile sia nelle premesse da cui muove nella ricostruzione del limite sia, almeno relativamente alla sentenza n. 31, in ordine alla sua applicazione concreta. Si puo' dubitare innanzi tutto del fatto che la ratio del divieto consista in quell' intento di evitare la responsabilita' internazionale dell' Italia per il venir meno - a causa dell' abrogazione della legge di autorizzazione alla ratifica - del trattato stesso, che la Corte ha assunto come base al fine di estendere poi l' operativita' della norma, attraverso un' interpretazione "logico-sistematica", anche alle leggi di esecuzione. Queste ultime, inoltre, andrebbero intese in senso stretto, non comprensivo, quindi, in tutte le norme che, qualunque sia l' occasione della loro emanazione, consentano l' attuazione di obblighi convenzionali: mancherebbe infatti, in tal caso, ogni rapporto con una legge di autorizzazione alla ratifica che giustifichi l' estensione "al momento dell' esecuzione", considerato come una fase di un unico processo, del limite espressamente enunciato nell' art. 75, comma 3. Non pare invece accettabile la delimitazione proposta dalla Corte del divieto in questione alle sole leggi rispetto alle quali allo Stato non rimanga alcun "margine di discrezionalita' quanto alla loro esistenza e al loro contenuto, sostenendo che nelle altre ipotesi l' abrogazione non causerebbe necessariamente la responsabilita' internazionale perche' sarebbe pur sempre possibile dare attuazione in altro modo al trattato. L' abrogazione delle norme con le quali, in concreto, l' ordinamento interno e' stato reso conforme a quanto prescritto dal trattato da' luogo comunque ad un inadempimento: esse costituiscono infatti l' indispensabile strumento di attuazione dell' obbligo finche' non sia stata emanata una nuova legge analoga o non siano stati presi, se possibile, altri provvedimenti. L' applicazione fatta dalla Corte nella sentenza n. 31 del criterio sopra esposto ne conferma, del resto, l' irrilevanza, dal momento che e' stato ritenuto inammissibile anche un referendum proposto contro una legge che risultava effettivamente "discrezionale", ma la cui sostituibilita' con una norma che perseguisse diversamente gli stessi fini appariva "politicamente" improponibile. Per quanto concerne, infine, le conclusioni raggiunte dalla Corte, non si puo' concordare sul fatto che l' abrogazione delle norme relative alla disciplina della cannabis indica avrebbe comportato l' inadempimento almeno degli obblighi sanciti dagli articoli 22 e 28 della Convenzione unica di New York sugli stupefacenti; viceversa, il limite posto dall' art. 75, comma 2, non poteva operare rispetto alla legge n. 393/75 in quanto la localizzazione delle centrali elettronucleari non costituisce attuazione di obblighi internazionali assunti dallo Stato italiano.
art. 75 comma 2 Cost. l. 22 dicembre 1975, n. 685 l. 2 agosto 1975, n. 393 C. Cost. 13 febbraio 1981, n. 30 C. Cost. 13 febbraio 1981, n. 31
Ist. dir. internazionale - Univ. FI



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