| La Convenzione di Roma del 10 giugno 1980 sulla legge applicabile
alle obbligazioni contrattuali (Vedi Rivista, 1981, p. 982 ss.)
introduce, agli artt. 3, 5, 6 e 7, una riserva a favore delle
disposizioni imperative di determinati ordinamenti, intendendo (art.
3) per disposizioni imperative quelle che secondo la legge di un dato
Paese non possono essere derogate per contratto, il che significa le
norme che, secondo la dottrina e la prassi italiana, sono
classificate norme di ordine pubblico interno. Simile criterio e' da
considerarsi non solo anomalo, dato che nel nostro sistema non si
ammette che le norme di ordine pubblico interno costituiscano un
limite al funzionamento delle norme di diritto internazionale
privato, ma, altresi', privo di fondamento razionale. L' art. 7 della
Convenzione estende, in particolare, la riserva a favore delle norme
imperative che, secondo la legge di un paese col quale la situazione
da regolare presenta uno stretto legame, sono applicabili quale che
sia la legge regolatrice del contratto, nonche' a favore delle norme
in vigore nel paese del giudice le quali disciplinino imperativamente
il caso concreto indipendetemente dalla legge che regola il
contratto. Poiche' le norme che hanno le caratteristiche indicate
nell' art. 7 possono essere identificate con quelle che parte della
dottrina denomina di applicazione necessaria, occorre por mente al
fatto che il detto carattere di applicazione necessaria, a termini
della Convenzione, non puo' essere affermato, come talora si
vorrebbe, in virtu' di considerazioni puramente teoriche, ma deve
desumersi tassativamente da norme di diritto positivo.
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