| L' A. parla dello spinoso problema concernente la deliberazione di
stare in giudizio da parte di un Comune, sotto il profilo della
necessita' o meno, nella delibera, dell' indicazione dell' ammontare
delle spese e dei mezzi necessari per farvi fronte. Ricorda le
oscillazioni in proposito della giurisprudenza in relazione all'
imperativita' dell' art. 284 T.U. della legge Comunale e Provinciale,
cita e commenta la recente sentenza delle Sezioni Unite della
Cassazione 19 aprile 1982 n. 2386, che ha escluso l' applicabilita'
dell' art. 284 alle delibere che autorizzano le spese per liti attive
e passive del Comune. L' A. aderisce pienamente alla pronunzia
osservando che, secondo la tesi opposta, la delibera comunale
dovrebbe al tempo stesso, valutare le spese da rifondere alla
contro-parte, nell' ipotesi non aprioristicamente escludibile, della
soccombenza, nonche' quantificare le spese che il proprio legale
dovra' sostenere per una attivita' volta all' accoglimento delle
pretese dell' Ente Pubblico. L' autorizzazione dovrebbe contenere in
se la contemporanea previsione di due fenomeni tra loro opposti e
alternativi, e quel che piu' conta l' esatta individuazione delle
conseguenze economiche che la futura decisione del giudice, qualunque
essa sia, determinerebbe. Se cosi' fosse, ritiene concludendo l' A.
che nessun Comune potrebbe piu' autorizzare validamente un legale a
rappresentare l' Ente Pubblico in giudizio.
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