| L' opera legislativa napoletana di Carlo Borbone (il primo "re delle
Due Sicilie", che doveva, nel 1759, passare al trono spagnolo come
Carlo III) va considerata, in primo luogo, per la sua rispondenza, o
meno, a quell' ideale "illuminismo giuridico" di cui si fa molto
parlare in tempi recenti. L' esame di essa conduce pero' ad un
risultato chiaramente negativo. Per...illuminata che sia stata, sotto
vari aspetti, la politica del sovrano borbonico non fu, sotto il
profilo della normazione giuridica, troppo diversa da quella dei
precedenti sovrani spagnoli e della breve parentesi austriaca. Egli
tento' (o lo tentarono, per lui, i suoi ministri) di svecchiare e
riordinare l' ordine giudiziario, di porre rimedio alla, in fatto,
impunita' dei colpevoli dei piu' gravi delitti di sangue consistente
nelle "transazioni" o oblazioni in denaro, fondo' o ricostitui' il
famoso "Magistrato del Commercio" e fece sperare anche l'
apprestamento di raccolte legislative varie: pero' senza la
necessaria decisione. Questa si avverti' soltanto durante la
minorita' del successore Ferdinando e ad opera del fedele ministro e
portavoce dello stesso re Carlo Bernardo Tanucci, in alcune leggi in
materia di rapporti tra lo Stato e la Chiesa e, marginalmente, di
matrimonio, non dissimili da quelle tipiche del "giuseppinismo" di
Maria Teresa e di Giuseppe II. Tutto sommato, si tratto', come fu
gia' osservato dallo storico meridionale Michelangelo Schipa, di una
"trama penelopea".
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