| Nell' articolo si affrontano due problemi derivanti dalla nullita'
dei contratti di agenzia e di rappresentanza commerciale stipulati
con agenti e rappresentanti non iscritti nell' apposito ruolo,
istituito con la l. 12 marzo 1968, n. 316. Il primo riguarda il
fondamento di tale nullita', sul quale vi e' contrasto in dottrina.
Fra le due tesi: nullita' del conratto per illiceita' dell' oggetto,
oppure per illiceita' dell' oggetto, oppure per contrarieta' a norme
imperative, l' A. segue la seconda tesi. Il secondo problema concerne
l' eventuale efficacia degli atti compiuti dall' agente o dal
rappresentante non iscritti nel Ruolo, per il tempo nel quale il
relativo rapporto ha avuto esecuzione. In proposito, l' A. critica,
in primo luogo, la tesi secondo la quale troverebbe applicazione il
principio di cui al primo comma dell' art. 2126 c.c., sulla
prestazione di fatto con violazione di legge, sostenuta in dottrina e
oggi seguita dalla Supr. Corte. Inoltre, si respinge l' orientamento
secondo il quale l' agente ed il rappresentante di commercio abusivi
avrebbero diritto al compenso per l' attivita' svolta, in quanto il
contratto con loro stipulato dal preponente si convertirebbe, ex art.
1424 c.c., in un rapporto di procacciamento d' affari o di
mediazione. Infine, l' A. esclude che l' agente e il rappresentante
non iscritti nel Ruolo possano esperire contro il preponente l'
azione generale di indebito arricchimento di cui all' art. 2041 c.c.
e respinge la tesi secondo cui il problema dell' efficacia degli atti
compiuti dall' agente o dal rappresentente non iscritto troverebbe
una soluzione nella norma di cui al primo comma dell' art. 2231 c.c.,
concernente la mancanza di iscrizioni ad un albo od elenco da parte
di coloro che esercitano una attivita' professionale. Si conclude che
debbano applicarsi in tema i principi generali sulla nullita' dei
contratti e che, pertanto, l' agente ed il rappresentante non
iscritti nel Ruolo non hanno diritto ad alcun compenso, ad alcun
titolo, per l' attivita' svolta.
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