| La modifica del rapporto di cambio ex art. 2420/bis, 6 comma c.c. va
intesa nel senso che al medesimo numero di obbligazioni del valore
nominale immutato abbia a corrispondere un numero proporzionalmente
maggiore di azioni, di valore nominale divenuto ridotto, per perdite,
e percio' nel caso si dimezzasse il valore nominale di queste, ne
occorrera' una quantita' doppia. La contraria opinione e' erronea
perche': a) riferisce il rapporto di cambio alle azioni circolanti,
mentre va riferito solo a quelle di futura emissione ex art. 2420/bis
2 e 4 comma c.c.; b) modifica e revoca la delibera di aumento di
capitale riservato, rendendone arbitri gli azionisti, alle cui scelte
vanno fatte risalire le perdite; c) premia gli stessi in misura
proporzionale alle perdite; d) disincentiva e rende piu' oneroso il
prezzo di emissione a carico dell' obbligazione in violazione all'
art. 2415 c.c., piu' alte sono le perdite, e frusta, contro ogni
logica, gli interessi della societa' ad acquisire nuovi capitali; f)
codifica l' inadempienza volontaria della societa' agli obblighi
contratti verso gli obbligazionisti. Solo l' opinione, qui sostenuta,
consente di ipotizzare la esecuzione integrale dell' aumento di
capitale riservato nel rispetto degli artt. 2420/bis, commi 2 e 4
c.c.. In tal senso concorre l' argomento storico-sistematico
desumbile dagli artt. 2346, 2410, i412 c.c.. L' azionista est faber
fortunae suae nel tutelare il suo rapporto di partecipazione ove
riduca e contestualmente aumenti a pagamento il capitale senza
modificare il taglio nominale statutario, mentre dispone di esso ove
emetta un maggior numero di certificati di taglio ridotto, rendendo
doverosa l' opzione ex art. 2441 c.c. o addirittura non lo reintegri
contestualmente. I problemi nel caso di azzeramento del capitale.
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