| L' A. svolge alcune considerazioni sull' interpretazione dell' art.
23, capoverso, del trattato lateranense. Osserva che l' indirizzo
dottrinale prevalente interpretava l' art. 23, capoverso, come una
sorta di clausola generale di adattamento automatico dell'
ordinamento italiano ai provvedimenti disciplinari o spirituali nei
confronti di persone ecclesiastiche o religiose, immediatamente e
direttamente esecutivi, all' occorrenza con l' ausilio degli
strumenti coercitivi dell' apparato della pubblica amministrazione,
e, in pratica, "statualizzati"; che, viceversa, nella sentenza
annotata la Cassazione - richiamandosi alla garanzia contenuta nell'
art. 24, comma 1, Cost., secondo cui tutti possono agire in giudizio
per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi - non solo
nega l' impossibilita' di controlli da parte del giudice italiano
diretti a verificare l' autenticita' dell' atto, la competenza
(assoluta) dell' organo che l' ha emesso, e la non contrarieta' all'
ordine pubblico od a specifiche leggi dello stato, ma, risalendo ben
piu' a monte, sembra accogliere la tesi, fino allora minoritaria,
della distinzione "tra gli effetti del provvedimento canonico
destinati a prodursi ed esaurirsi nell' ambito dello stesso
ordinamento della Chiesa e gli effetti ulteriori che si pretenda di
far derivare nella sfera d' operativita' dell' ordinamento statuale",
riconoscendo al provvedimento di rimozione contestato semplicemente
"l' effetto civile di influire sui presupposti di applicabilita'
della normativa italiana applicata".
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