| Nel corso del 1981 e' venuto all' attenzione del Parlamento europeo
eletto a suffragio universale diretto un primo caso controverso di
verifica dei poteri. Nell' ambito della neo-istituita "Commissione
per la verifica dei poteri" si e' infatti posta in dubbio la
validita' dei mandati di tre deputati irlandesi subentranti come
sostituti in seguito alla vacanza di tre dei quindici seggi spettanti
all' Irlanda. La legge irlandese sulle elezioni al Parlamento europeo
prevede infatti una procedura di sostituzione dei seggi vacanti
imperniata sulla nomina dei nuovi deputati europei da parte del
Parlamento irlandese, previa designazione del partito cui appartiene
il deputato uscente. Il sistema adottato dall' Irlanda comporta
dunque una delega politica di secondo grado a prima vista
contrastante con il principio dell' elezione a suffragio diretto,
enunciato nell' Atto del 20 settembre 1976 allegato alla Decisione
76/787 del Consiglio delle Comunita' europee. Il Parlamento europeo
ha convalidato i mandati contestati: malgrado le apparenze la
decisione deve ritenersi corretta. Nella valutazione del caso si deve
tener conto di alcuni elementi politici ed esegetici di una certa
rilevanza, tutti a favore della convalida dei mandati. Inoltre, i tre
deputati sono stati regolarmente nominati secondo le procedure
obbligatoriamente stabilite da norme vigenti dello Stato irlandese.
Quello che potrebbe allora essere valutato come contrario all' Atto
del 20 settembre 1976 non e' dunque la nomina dei deputati supplenti
in se', bensi' le norme irlandesi in base alle quali tale nomina e'
stata effettuata. Riguardo alla natura giuridica della Decisione e
dell' Atto del 20 settembre 1976, numerosi elementi convincono a
ritenerlo un "progetto di Convenzione" adottato dalle Comunita'
europee e sottoposto alla ratifica ed esecuzione degli Stati membri,
cosi' che l' Atto e' entrato in vigore come accordo internazionale
intervenuto tra gli Stati membri. L' eventuale difformita' dall' Atto
della legge irlandese sulle elezioni europee si concreterebbe di
conseguenza in un illecito dell' Irlanda, consistente nell'
emanazione di una norma interna contrastante con un accordo
internazionale da essa ratificato. Sembra peraltro fuori luogo
interpretare restrittivamente, ricavandone degli obblighi ben
definiti a carico degli Stati contraenti, un Atto le cui
caratteristiche di fondo sono l' ambiguita', l' imprecisione tecnica
e soprattutto una spiccata logica di rinvio alle legislazioni
statali. In sostanza, pur di pervenire comunque a delle elezioni a
suffragio universale diretto, si e' lasciato ampio spazio ai
legislatori nazionali: l' Atto va allora interpretato alla luce del
suo oggetto, del suo scopo e del suo spirito complessivo. Inoltre gli
altri Stati, legittimati a far rilevare l' ipotetico fatto illecito,
non hanno sollevato alcuna obiezione, confermando con tale
atteggiamento la liceita' della condotta dello Stato irlandese.
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