| L' A. ripercorre, attraverso un esame critico delle posizioni
espresse da vari delegati dell' episcopato mondiale, i lavori del
sesto Sinodo. Sostiene che i delegati presenti al Sinodo hanno preso
sul serio la loro funzione di "consiglieri del Papa", evidenziando un
mutamento di coscienza che consente di indicare nel Sinodo una delle
istituzioni di eredita' conciliare ancora vitale nella Chiesa
cattolica romana. Il Sinodo ha messo a nudo realisticamente i rischi
di una crisi rappresentata al pericolo di una collegialita'
subalterna, cioe' dell' esproprio del Sinodo da parte dell' autorita'
del Papa che avrebbe finito per essere il consigliere di se stesso.
Per quanto possa essere riconfermata la convinzione che il ministero
petrino sia indispensabile nella sinodalita' della Chiesa, e' emersa
l' impressione di una disgiunzione del papato dalla realta'
complessiva della Chiesa. Questo Sinodo, sostiene l' A., ha segnalato
l' esistenza di processi vitali irreversibili all' interno della
Chiesa ed ha introdotto degli antidoti alle posizioni restauratrici
riemergenti a Roma. Esso resta come risposta potenzialmente valida
contro l' uso di fattori cosi' delicati come la confessione e la
penitenza per la riproduzione della cultura del riflusso all' interno
della Chiesa cattolica. Al contrario, questa Assemblea ha ritrovato
sul terreno della storia una dimensione politica ineludibile della
fede cristiana, riesplorando il senso del peccato e le riproduzioni
gigantesche del peccato collettivo consumato contro miliardi di
uomini e donne nel Sud mondiale. Infine e' da sottolineare la forte
risposta fornita da questo Sinodo alle posizioni integristiche
mediante un esplicito riconoscimento dei valori etici racchiusi nella
secolarita'.
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